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Anno edizione: 2006
Anno edizione: 2013
Con ottimo tempismo, la monografia dedicata a Soldati è apparsa nell'anno in cui si celebrava il centenario della sua nascita, avvenuta a Torino il 17 novembre 1906. Ma l'interesse del volume di Malavasi non si esaurisce in un semplice omaggio celebrativo per un regista a lungo considerato più importante come scrittore. Pur mantenendo l'agilità e la completezza che caratterizza la collana, il libro diventa l'occasione per un saggio critico più ampio, che considera Soldati come figura emblematica per cogliere le mutazioni del cinema e della cultura italiana dal fascismo al boom.
Ne emerge un ritratto sfaccettato e consapevolmente contraddittorio, in cui lo stesso regista appare critico nei confronti di molti suoi film e del cinema in genere, da lui considerato, pur affettuosamente, un'arte minore. Ritenuto a lungo un regista minore, con rare impennate creative in una produzione spesso valutata più per la correttezza "calligrafica", l'autore viene invece riletto da Malavasi come una figura profondamente consapevole dei propri orizzonti creativi e poetici. Fra telefoni bianchi, neorealismo e commedia all'italiana, Soldati ha sempre seguito una propria poetica, unendo la sua raffinatezza culturale allo stile popolare, rielaborando generi e temi correnti secondo un marcato gusto letterario, privilegiando i film in costume, gli spazi chiusi dei set, le storie sentimentali e umane di larga presa, come testimoniano alcuni tra i suoi film più noti al pubblico, quali Piccolo mondo antico (1941), Malombra (1942), Le miserie del signor Travet (1946), La provinciale (1953) o La donna sul fiume (1955).
Nelle varie analisi che ritmano il libro, Malavasi persegue una linea di ricerca che riconosce in Soldati uno dei registi più hollywoodiani del nostro cinema, consapevole da un lato della dimensione collettiva che caratterizza la creazione di un film, dall'altro della necessità di considerare le esigenze del mercato e i gusti del pubblico. In sintesi, una figura chiave del cosiddetto cinema medio, che per vent'anni lo ha visto come riferimento emblematico e consapevole.
Dagli esordi come assistente per Camerini e Blasetti alle ultime realizzazioni in cui dirige la seconda unità in film quali Guerra e pace (Vidor, 1956) e Ben Hur (Wyler, 1959), Soldati ha lasciato il segno anche come autore televisivo e critico cinematografico, al punto da essere considerato il "primo grande media-man della cultura italiana", secondo Aldo Grasso. E anche nella critica ha dimostrato una sua eleganza distaccata e ironica, come si evince dalle quattro categorie da cui attingeva i giudizi su un film: bello e divertente, bello e noioso, brutto e divertente, brutto e noioso. Consapevolmente anti-cinefilo, innamorato del cinema come processo creativo più che come prodotto finito.
Michele Marangi
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