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Il dibattito è aperto ormai da quattro decenni, tra i fautori ed i critici delle teorie sostenute da Hapgood. Appaiono i lati deboli d’una teoria che stimola fantasie di autori come von Däniken, tesi alla scoperta del sensazionale. D’altra parte, occorre ricordare che diversi cartografi militari lavorarono con Hapgood per due anni e condivisero le sue conclusioni. Le conclusioni, tuttavia, appaiono deboli. Appare molto discutibile che Hapgood pensi di riconoscere le Ande nelle montagne disegnate da Piri Re’is, parallele alle coste atlantiche dell’America del Sud. Nella carta non appare la minima traccia delle coste verso l’Oceano Pacifico, né l’evidente forma del Mar delle Antille, che non sarebbe sfuggita ad antichi, precisi cartografi. Infine, un’Antartide scoperta dai ghiacci dovrebbe ricondurre la presunta “prima carta” ad una data di circa 50 milioni d’anni fa… Sarebbe un’evidente contraddizione presumere l’esistenza di un antico cartografo capace di rilevare le coste del continente antartico, e che lo stesso non si accorga di aver trascurato la restituzione di 900 miglia di costa, equivalenti a 16° di latitudine, poiché la presunta costa dell’Antartide si volge ad est subito a sud del Rio de la Plata e manca tutta la parte di “Cono sud” compresa tra Cabo Frio e Bahia Blanca. In nessun caso l’errato orientamento – o la rotazione voluta – di alcune parti della carta potrebbe giustificare l’elisione di circa 1500 km di coste dell’America del Sud, mentre la continuità fisica con cui la costa è rappresentata suggerisce una sua naturale prosecuzione. Sarebbe stata la logica conclusione, il postulato del ragionamento che lo stesso Hapgood aveva condotto relativamente alle Antille ed a quella che egli ritiene (a torto?) l’isola di Cuba. Forse però era difficile smentire la “anticipazione” delle sue ricerche, fornita dal libro di von Däniken, e proporre con chiarezza una diversa interpretazione del punto-chiave delle sue ricerche.
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