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Il commissario Kurt Wallander, della polizia di Ystad, nella Svezia meridionale, vuole trasferirsi in una casa in campagna con la figlia Linda, appena entrata in polizia. Si presenta l’occasione quando un collega, l’ispettore Martinsson, gli propone di acquistare la casa di un suo anziano parente. La domenica mattina Kurt si reca alla fattoria, disabitata da molto tempo, ma, mentre compie il giro del giardino, scopre un oggetto sconcertante che affiora dal terreno: le ossa di una mano umana. Recuperato il corpo, la dottoressa Stina Hurlèn, medico legale, stabilisce che si tratta di una donna di circa cinquant’anni, uccisa per impiccagione, e che la morte risale a molti decenni prima. E’ difficile procedere a un’identificazione, il caso non è considerato una priorità, e Wallander imbocca molti vicoli ciechi prima di arrivare alla soluzione. E’ un romanzo breve, scritto su commissione in Olanda prima de “L’uomo inquieto”, ultima avventura del commissario di Mankell, e non è un caso che sia stato inserito nella raccolta solo successivamente. Come molti gialli nordici, è lento e introspettivo. La vicenda minima non è appassionante, trattandosi di un cold case risalente a decenni prima, in cui tutti i protagonisti sono ormai scomparsi o molto anziani, e il delitto è comunque caduto in prescrizione. La storia, però, c’è, semplice e lineare come sono nella realtà i delitti, ed è interessante il tratteggio della psicologia di Wallander, ormai anziano, stanco e demotivato lui stesso, e del rapporto con la figlia Linda. Forse anche Mankell prova gli stessi sentimenti di Kurt. Lo stile è piacevole, scorrevole e i capitoli brevi aiutano la lettura. Non è il miglior episodio della serie su Wallander, ma è comunque gradevole.
Bello e sintetico. Un distillato prezioso della scrittura di Mankell. Quanto mi ha rattristato la sua scomparsa.
Ho acquistato e letto con piacere tutti i libri dell'ispettore Wallander, questo mi ha deluso molto non per il contenuto ma perchè è un libro di poche pagine (130-140) con le parole scritte in grande. Di fatto è una storia breve di circa 100 pagine che leggi in un pomeriggio, mentre tutti i precedenti libri erano dei veri e propri romanzi di circa 400 pagine. Tutto ad un prezzo non da poco, per cui mi sono sentito preso in giro.
Recensioni
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Come le persone, anche le case hanno una storia. Era venuto lì per visitare una casa in cui forse poteva trasferirsi e aveva finito per inciampare casualmente nei resti di un essere umano.
Un libro, questo, come dice lo stesso Mankell nella Postfazione, scritto anni addietro - quando gli venne commissionato in Olanda -, per incentivare una campagna di promozione della letteratura gialla.
Qualche anno dopo la BBC aveva sceneggiato la trama e l’autore, vedendola sul piccolo schermo, rimase colpito per la bella tenuta narrativa. Tutto ciò lo indusse a pensare alla riedizione del libro, in occasione della pubblicazione di un catalogo retrospettivo dei racconti dedicati a Wallander. Ed oggi eccolo finalmente tradotto in italiano, dalla Marsilio, per accontentare i tanti fan del leggendario commissario di Ystad.
L’azione ha inizio il 26 ottobre del 2002, giornata che ha un marcato sapore di un anticipato inverno e che induce Kurt WALLANDER a prendere in considerazione l’idea di approfittare di un residuo di ferie per concedersi un viaggetto, magari cercandolo fra i pacchetti vacanze ed a buon mercato con destinazione Maiorca, alla ricerca di caldo e di sole.
Non c’è da meravigliarsi se questa idea trova spazio nei suoi pensieri, giusto per dirla alla francese, l’espace d’un matin.
Scartata dunque la possibilità, gli si presenta subito una seconda occasione su cui riflettere: il collega Martinsson, lo invita ad andare a visitare una casa poco fuori città, di proprietà di un vecchio zio che, di recente, lo ha incaricato di mettere in vendita. Il desiderio di andare a vivere in campagna è un sogno che il commissario culla ormai da parecchio tempo, ma sia la giornata grigia, che il suo carattere introverso e pessimista lo mettono nelle condizioni di riflettere sulla proposta con molta cautela. Martinsson insiste: sa come prenderlo e lo spinge almeno ad andarla a vedere, senza impegno, facendo così breccia nelle sue resistenze. Kurt decide di andarci anche se scoprirà che il piccolo casolare è molto vicino al luogo dove ha vissuto suo padre per molti anni, fino alla morte. Ciò non fa che riportargli alla mente molti ricordi e riaprirgli qualche ferita.
L’abitazione inoltre a prima vista, gli dà subito un’immagine di lunga trascuratezza, insomma di decadenza; del resto il proprietario vive ricoverato già da diversi anni in una casa di riposo e, di conseguenza sia la struttura che il giardino sono abbandonati a se stessi.
Nonostante ciò Wallander, una volta entrato nell’appartamento, si lascia catturare dal fascino del vecchio arredamento, dalle fotografie ingiallite, persino dalle tazze lasciate ad asciugare nell’acquaio. Tutto ciò, e paradossalmente persino l’odore di chiuso, gli rimanda l’immagine di una casa che ha avuto ed ancora ha, una sua vita. Potrebbe sembrare incredibile ma si rende conto che nonostante non sia più abitata, la casa ha vissuto autonomamente di rendita grazie alla personalità obsoleta di tutti gli oggetti che la compongono.
Dalla perplessità iniziale, Kurt passa ad uno stato quasi di eccitazione, di euforia e già pensa alla pareti da abbattere, alle migliorie da portare alla cucina e al bagno, al consolidamento delle travi. Le spese saranno consistenti, ma Martinsson gli ha subito fatto capire che sul costo di acquisto si sarebbero potuti mettere d’accordo. Ed a visita conclusa, vuole rivedere ancora una volta il giardino: l’alto castagno che svetta davanti alla casa, lo stormo di cornacchie che lo circondano svolazzando e anche il sibilo del vento, gli trasmettono la sensazione giusta: si sente infondere da un senso di calma e di serenità. La serenità che lo avvolge durante la stagione autunnale della sua terra, la Scania.
Con questi sentimenti in animo si avvia verso l’automobile, senza però prima inciampare in un impercettibile dislivello del terreno, probabilmente una specie di arbusto nascosto fra le foglie. La deformazione professionale lo porta però, automaticamente ad accertarsi di che cosa si tratta: non è una radice, non un ramo e nemmeno un vecchio rastrello: si tratta dello scheletro di una mano. Da qui in poi si dipana la non semplice matassa di questa inchiesta che, a differenza delle altre, si concentra in un minor numero di pagine, senza niente togliere alle fibrillazioni del caso.
Come nella vita anche nel lavoro Kurt ci mette tutta l’anima. Ma la sua, e chi già lo conosce sa che si tratta di un’anima inquieta, spesso dilaniata da dubbi e domande, macerata spesso da un senso di inadeguatezza.
La capacità di Henning Mankell è proprio quella di non disgiungere mai le sensazioni più profonde del suo commissario con lo svolgersi della trama del libro; il quotidiano del commissario, la sua vita soprattutto di padre, si incrocia spesso con il suo lavoro ma questo, grazie all’etica ed alla professionalità di Wallander, non influisce assolutamente sullo svolgimento delle sue indagini. Anche la presenza in commissariato della figlia Linda, con la quale spesso si è trovato in contrasto e che ormai divide con lui la carriera di poliziotta, non lo distrarrà mai dai suoi doveri di pubblico ufficiale.
La conclusione come sempre, non deluderà anzi, ci farà sperare che l’autore nonostante la decisione di aver chiuso la sua pagina di storia con Kurt Wallander, venga preso da nostalgia e ci regali, di tanto in tanto, qualche altra avventura sul suo commissario.
A cura di Wuz.it
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