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Anno edizione: 2022
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Vari autori (Rampini, Veneziani, Ricolfi …), recentemente, hanno denunciato nei loro saggi il clima socio-politico-culturale che pervade la nostra nostra società, imponendo una ‘cappa’ opprimente che smorza e mortifica ogni tentativo di scostamento dal pensiero unico e il politically correct. In questo senso un’arma potente è rappresentata dal condizionamento verbale (‘ l’era della parola imprigionata’) , che mette al bando e sanziona parole che prima erano di uso corrente e non utilizzate in senso offensivo: negro oggi nero, cameriera oggi colf, cieco oggi non vedente, disabile oggi diversamente abile … Si potrebbe continuare. Questa è una ipocrisia verbale, che in realtà non aggiunge nulla in termini di rispetto e di aiuti socio-economici alle condizioni umane sopra-citate. La cosa preoccupante è che tutto ciò investe molti ambienti politici, culturali, giornalistici, sociali, scolastici. A ciò si aggiunge la delirante proposta di abolire – con una x o un * finale - i generi di aggettivi e sostantivi per non urtare la suscettibilità dei transgender e dei gender fluid, con la pretesa di ‘cambiare la lingua dall’alto in spregio al comune sentire delle persone’. In ultimo la revisione dei personaggi ed eventi del passato, rivisitati in base ai criteri di giudizio attuali ( ‘cancel culture’ ), condannando drasticamente e talora violentemente gli episodi del passato, non in linea con il ’sentiment’ moderno monopolizzato. Un allarme e una denuncia a difesa della libertà di espressione e del rispetto della pluralità delle idee in ogni campo.
Il volume inizia dalla critica al linguaggio “politicamente corretto” , per cui i ciechi in pubblico o scrivendo devono essere definiti non vedenti, mentre in privato vengono correttamente chiamati ciechi, come loro stessi si chiamano (esiste l’Istituto Italiano ciechi), viene segnalata, con esempi, l’estensione immotivata e talvolta assurda di tale concetto nel voler “proteggere” categorie che non hanno bisogno di essere “protette” (è successo per le galline…!). Una di tali estensioni ha portato a quelle che il libro cita nel capitolo “”i molestatori della lingua” come l’abolizione del neutro per indicare genericamente ambedue i sessi, con soluzioni che talora risultano ridicole. Il volume giustamente indica come “falso rispetto” quello fatto con l’utilizzo di parole “appropriate”, dato che il rispetto si deve fare con i fatti, non con le parole . Altre assurdità segnalate dal volume sono il “razzismo al contrario (per cui a raggiungere determinate posizioni devono essere i rappresentati di talune minoranze e non i più meritevoli in assoluto) e quella di “cancellare il passato”, quando le cose fatte in altri periodi non corrispondono più al corretto pensare di oggi, ma erano assolutamente corrette nel periodo in cui erano state fatte. Completato di appropriate citazioni letterarie, il volume, anche se non sempre del tutto condivisibile, si legge piacevolmente ed è assolutamente consigliabile.
Sì, ce n'era bisogno. Sembra impossibile e sicuramente inimmaginabile fino a pchi anni fa, ma ora c'è bisogno di qualcuno che dica che il re è nudo, che il politically correct ha superato la barriera che divide l'etica dalla censura. Sia ben chiaro: in questo libro nessuno afferma che sia lecito esprimere ogni opinione su qualsivoglia tema senza un contraddittorio e che tutte le opinioni siano da mettere sullo stesso piano, ma semplicemente che si deve avere il diritto a esprimere tranquillamente anche il dissenso. E che da una società democratica è ciò che ci si aspetta. Ma anche che le briglie morali che si sono create sulla forma in cui questi pensieri devono essere espressi, rasentando spesso l'assurdo o il ridicolo, sono da rivedere. Chi si può ergere a detentore del Bene e del Giusto? Attenzione anche a chi lo fa per "mestiere" o per scelte politiche di comodo... ma questa è un'altra storia. Bravi Mastrocola e Ricolfi, portante avanti ancora le vostre tesi.
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