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A metà strada tra autofiction, inchiesta e romanzo, Malintesi è il racconto della difficoltà di scrivere, di essere genitore, di sopravvivere a quei pericolosi e pericolanti castelli di carte che sono tutte le famiglie.
«Malintesi è una storia universale che racconta la difficoltà di essere genitori e di sopravvivere a quei pericolosi castelli di carta che sono tutte le famiglie» – Il Venerdì
Nato sordo negli anni Sessanta in una cittadina della provincia francese, Julien Laporte viene educato secondo i precetti del metodo «oralista»: lunghe sedute di logopedia, complicati apparecchi acustici, e soprattutto nessun contatto con la lingua dei segni. A diciotto anni fugge di casa e in un bar di Parigi, tra attivisti sordi e militanti gay, scopre l’esistenza della lingua dei segni. Questa è la storia della sua liberazione: da un padre che si ostina a volerlo «guarire», da una madre ammutolita dai sensi di colpa e da tutta una famiglia devastata – non dalla sordità ma dai più banali malintesi, appunto, tra genitori e figli, per l’incapacità dei primi ad amare i figli così come sono. Nella vicenda di Julien la sordità non è solo l’elemento deflagratore di meccanismi solitamente invisibili nel romanzo famigliare, ma è anche il pretesto per raccontare una grande e sconosciuta storia: quella dei sordi e della loro liberazione attraverso la lingua dei segni. Pochi sanno che questo magnifico e inventivo linguaggio, elaborato in pieno Illuminismo, è stato di fatto bandito in Europa per più di un secolo, dopo il Congresso di Milano del 1880. Padre a sua volta di una ragazza sorda, Leclair rivela anche l’impasse in cui è finito: sono i suoi stessi personaggi a tirarlo in ballo, ora per accusarlo, ora per assolverlo.L'articolo è stato aggiunto al carrello
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