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Uno dei migliori romanzi del commissario Maigret. Indimenticabile la figura del ladro solitario a cui fa riferimento il titolo, e verso cui il commissario prova una certa simpatia. Un classico da leggere.
È un Simenon in stato di grazia con un raffinato gusto per il paradosso quello che , a mio modesto avviso, scrive una tra le più belle indagini del commissario Maigret. In una fase di transizione nella quale l'apparato giudiziario si modernizza, togliendo libertà d'azione alla polizia, il commissario è costretto ad accettare con amarezza che la Repubblica francese che lui ha giurato di proteggere ha scelto, sin nel proprio codice penale, di salvaguardare sé stessa ed i propri interessi economici prima della vita dei suoi cittadini. Infatti mentre l' omicidio al Bois de Boulogne di un ladro solitario, abile al pari di un artigiano, viene derubricato a regolamento di conti nella criminalità a cui dedicare il minor tempo possibile, Maigret è inchiodato alla scrivania ad occuparsi di un indagine ben più importante: una banda di rapinatori specializzanti in uffici postali. L'amore viscerale per l'uomo e per la vita, unita alla malinconia e al dolore per la morte efferata di quel suo vecchio cliente del Quai des Orfevres, gli impedirà di eseguire tassativamente gli ordini. Indagherà infatti di nascosto giungendo ancora una volta alla constatazione che lo colpisce all' inizio del libro. Non è con i preconcetti, che la gente si mette in testa e finisce per accettare, e con i diplomi incorniciati che si può fare il lavoro della polizia. Occorre invece comprendere che la realtà è fluida, inseguirla senza requie ed annusarla avidamente come fa appunto Maigret per essere un poliziotto. Perché non tutto ciò che appare immacolato, come il palazzo di rue Neuve Saint Pierre è puro ed innocente, e ciò che sembrerebbe riprovevole nell'appartamento di una vecchina in rue Mouffetard lo è davvero. E questo romanzo ne è la migliore dimostrazione.
Il ladro indolente una vecchia conoscenza di Maigret, che però l'ha arrestato una sola volta. Maigret per lui ha un senso di rispetto, quasi di stima. E quando lo vede ucciso, sfigurato, anche se la Procura gli proibisce di indagare e lo obbliga a stanare una nuova banda di rapinatori seriali che preoccupa l'opinione pubblica, Maigret con un fido collaboratore cercherà di dipanare la matassa che copre la vicenda.
Recensioni
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Avendo collocato nel 1913 la prima inchiesta di Maigret nell'omonimo romanzo del 1949 , Simenon si trovò costretto, negli anni sessanta e settanta, a lasciare costantemente nel vago la cronologia delle imprese del mitico commissario. Per il suo eroe, artificiosamente mantenuto alle soglie di un sempre rimandato pensionamento, il romanziere mise a punto una cornice non meno fittizia: una Parigi eternamente ferma ai primi anni cinquanta, con le insegne al neon dei suoi melanconici locali notturni, i ristorantini di quartiere specializzati in saporitissimi piatti regionali e i bar tabacchi dove clienti dalle facce patibolari giocavano a carte fino all'alba. La tentazione di far irrompere la storia in questo contesto, per così dire, congelato, è tuttavia molto forte per quel cronista prestato alla letteratura che è pur sempre Simenon. Ne vediamo le conseguenze anche in questo romanzo: pur muovendosi nello scenario che gli è familiare da sempre, Maigret deve fare i conti da un lato con giovani rapinatori, ben più violenti dei protagonisti della vecchia mala, dall'altro con magistrati sempre più inclini a escludere la polizia dalla fase decisiva delle inchieste. Tra giudici che lo vorrebbero impegnato nella compilazione di montagne di scartoffie e nuovi delinquenti ignari di qualunque codice d'onore, la sua condizione è di perenne disagio. L'attenuerà soltanto un'indagine che condurrà quasi clandestinamente: quella sull'assassinio di un ladro "all'antica", un coscienzioso artigiano del furto per cui serrature e casseforti non avevano segreti. Identificati da Maigret, i colpevoli avranno molte chance di farla franca, grazie ai loro privilegi di classe; al commissario resterà l'amara soddisfazione di aver fatto luce sulla morte di un personaggio cui lo legava una segreta e quasi fraterna simpatia.
Mariolina Bertini
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