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La lettura di questo romanzo è stata una sorta di crescendo che mi ha portato da uno schietto desiderio di sbarazzarmi del libro il più in fretta possibile alla rinnovata ammirazione per un grande autore. C'è una forte affinità, anche stilistica, con le maggiori opere dello svedese Enquist (Il medico di corte, Il libro di Blanche e Marie) in cui storia e finzione si mescolano in una scrittura originale e suggestiva. Il ritorno in Russia di Dostoevskji, il cui amatissimo (ed immaginario) figliastro è morto in circostanze poco chiare, gettando il padre in un dolore ed uno sconforto inconsolabili, diventa un'indagine della complessa psicologia del grande scrittore, ma soprattutto di quella dei giovani che, nella seconda metà dell'800, aprirono la strada, con molte contraddizioni e posizioni politiche variegate e difficilmente collocabili, alla rivoluzione comunista. Difficile non vedere in loro i progenitori dei giovani che, nell'Europa degli anni 70 del '900 (soprattutto in Italia e, più marginalmente in Germania) sarebbero stati protagonisti dei cosidetti "anni di piombo".
Recensioni
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Coetzee su Dostoevskij, ma verrebbe da dire Coetzee come Dostoevskij. Un drammatico episodio della vita del grande scrittore russo diventa in questo romanzo l'occasione per un raffronto serrato di scritture, di sensibilità, di filosofie di vita.
è l'ottobre del 1869. Dostoevskij, esiliato a Dresda, rientra a Pietroburgo sotto mentite spoglie per ricostruire la fine del suo figliastro Pavel, morto in circostanze oscure. Attraverso gli oggetti del ragazzo, la valigia, il vestito, lo scrittore cerca un impossibile e disperato scambio tra morte e vita, in un intreccio di lutto e identificazione. Ma dalle cose del ragazzo sono state prelevate le carte, forse anche un romanzo. La polizia indaga sui legami intercorsi tra Pavel e un gruppo di «ribelli». è per recuperare quelle carte che Dostoevskij si trattiene a Pietroburgo, dove intanto serpeggia la rivolta, fomentata dall'organizzazione clandestina e terroristica di Necaev, figura metaforica del nuovo che aspira a distruggere il vecchio, ma anche del figlio che vuole uccidere il padre. Lo scrittore cade allora in una rete di sensazioni contraddittorie. Oltre al dolore per il figlio morto lo tormentano una strana forma di epilessia, l'attrazione che prova per la padrona di casa e persino per la figlia adolescente di lei, il desiderio di rimanere in Russia e il bisogno di tornare all'esilio di Dresda. Sullo sfondo, una Pietroburgo torbida e segreta, percorsa dalla ferocia dei ribelli e dal freddo cinismo del potere zarista.
Il maestro di Pietroburgo di Coetzee restituisce con forza e originalità narrativa la voce e il volto a quei personaggi inquietanti e sinistri, a quei «demoni» che hanno perseguitato la vita e la fantasia del grande scrittore russo e che suscitano anche in queste pagine un nuovo, invincibile tremore.
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