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Henry James riesce sempre ad essere impeccabile. Romanzo che scruta e tratteggia con precisione la psicologia dei personaggi principali, tutti riescono ad emergere senza privilegiare l'uno sull'altro. Introspettivo quanto basta, a tratti pungente. Non può mancare nelle librerie degli appassionati di romanzi vittoriani. La ragazza è un bellissimo personaggio. Anche il narratore sembra unirsi al coro con il suo modo di raccontare a tratti quasi cinico. Ottimo libro che vi consiglio.
Storia bellissima
Recensioni
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Malva, viola e lavanda, i colori del crepuscolo e del lutto, sono le tonalità che si diffondono impalpabilmente in Madame de Mauves, romanzo breve scritto da Henry James nel 1873, pubblicato dapprima sulla rivista "Galaxy" nel 1874, poi, con varie revisioni, nella raccolta A Passionate Pilgrim and Other Tales del 1875, in The Madonna of the Future and Other Tales nel 1879 (è questa la versione proposta nell'impeccabile traduzione di Barbara Del Mercato, con testo a fronte) e infine inserito, nel 1908, nel tredicesimo volume dell'edizione detta "definitiva" delle opere jamesiane presso Scribner.
Come ricorda l'introduzione di Cristina Giorcelli, Madame de Mauves si colloca nel primo periodo, o nella fase "preparatoria", dell'apprendistato letterario di Henry James, conclusosi idealmente nel 1881 con Ritratto di signora, ma anticipa per molti versi tecniche narrative, strutture tematiche, problemi teorici e formali che accompagneranno la scrittura jamesiana fino agli ultimi romanzi della Major Phase, a cominciare dall'esplorazione del cosiddetto "tema internazionale": i sottili, laceranti dilemmi della coscienza scatenati dal conflitto culturale se non dal doloroso scontro di civiltà tra l'ethos puritano del Nuovo mondo e la seduzione irresistibile della corrotta ma pur raffinatissima, aristocratica Europa, trasfigurata nello spazio elettivo del romanzesco, della finzione, del sortilegio letterario. Attraverso l'educazione sentimentale frustrata di Richard Longmore, con le sue immancabili "illusioni perdute", si dipana una delle più esemplari indagini jamesiane sulle identità incerte e sulle rappresentazioni inadeguate e fallimentari di soggettività in formazione infinita o indefinitamente bloccata, sospese tra due mondi, ma sempre sdoppiate nell'esitante iniziazione ai risvolti ambivalenti del loro universo immaginario: ovvero del loro ambiguo rapporto con lo statuto destabilizzante della realtà e con la fascinazione oscura e minacciosa della finzione.
La complessa, drammatica partita sentimentale giocata dai quattro protagonisti si snoda nei percorsi tortuosi e indiretti di un racconto enigmatico che si trama, impenetrabilmente, intorno a un segreto inquietante e inviolabile, nel più puro stile jamesiano: il "silenzio reverenziale" della sfuggente, elusiva Euphemia de Mauves, gelida e marmorea vestale della più rigorosa intransigenza etica nonché "vittima" innocente, apparentemente, dell'amorale "prosa del mondo" europea, fino al ripiegamento della coscienza nell'equivoca ascesi della rinuncia e nella più dolente astensione dalla vita, prefigurando così l'Isabel Archer di Ritratto di signora, la Maggie Verver di La coppa d'oro, la Milly Theale di Le ali della colomba. Ma, come sempre, anche le "colombe" di Henry James sono abitate da un'inespugnabile ambivalenza. Circuita dagli inganni del cinico e dandy barone de Mauves, accerchiata dalle instancabili inchieste del giovane Longmore, "osservatore" beffato dalla sua stessa passione ermeneutica, Euphemia rilancia fino all'ultimo l'enigma della sua inflessibile vocazione sacrificale, lasciando intravedere, fra le trappole, i miraggi, le riverberazioni della luminosa mistica della rinuncia, la perversità abissale racchiusa nell'imperscrutabile "innocenza" jamesiana.
Susi Pietri
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