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Le vicende di una compagnia di amici dell’estate che vivono le loro avventure in una località balneare dell’Emilia Romagna. Lettura molto piacevole e consigliata sul lettino 🏖
Ho riletto macchie rosse pochi giorni fa, la prima volta invece nel 2001, appena uscito e la storia dei ragazzi del Lido di Spina mi ha colpito e commosso nuovamente, perchè si percepisce che l'autrice scrive col cuore, andando a toccare nell'animo il lettore, risveglia ricordi adolescenziali che tutti conserviamo nell'intimo e ci fa riflettere sul nostro essere adulti.La mia età non coincide con quella dei protagonisti, ma ugualmente ricordo canzoni, modi di dire e film citati nel libro, insomma un tuffo nel passato.
La scrittura è molto poetica, alcune immagini e situazioni mi hanno toccato il cuore perchè mi ci sono ritrovata in pieno. Però forse proprio per questa sua maggior vicinanza alla poesia rispetto alla prosa, e anche per il fatto che parla di un tempo che ormai, ahimè, non m'appartiene più (gli stupendi ventanni!) l'ho trovato poco scorrevole e a tratti scontato e paradossale nella trama. Lo consiglierei però fortemente ad un più o meno ventenne che magari come i protagonisti del romanzo frequenta da anni o ha frequentato per anni ogni estate la stessa spiaggia, credo che gli verrebbe un po' di sana nostalgia.
Recensioni
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È davvero poco riuscito il terzo tentativo letterario di Alessandra Montrucchio. Estate 1984 in riviera, gruppetto di ventenni in vacanza, amorazzi e piadine. C'è poco altro: per la bellezza di duecentonovantanove pagine l'autrice affastella una impressionante serie di banalità sulle quali tenta di costruire i suoi personaggi. C'è il belloccio corteggiato da tutte (bello ma inquieto, si badi!), la coppia di gay che fa outing portando lo scompiglio fra gli amici, il londinese trentenne con passato da eroinomane che diletta gli amici interpretando le canzoni dei Doors, il ventenne timido e intellettuale, la giovanotta indecisa fra tre uomini (il belloccio?, il londinese?, l'intellettuale con sterno carenato?); c'è persino, a ricreare l'atmosfera 1984, il tredicenne furbetto che, alla vista del primo Commodore 64, vaticina ispirato che "un giorno ce l'avranno tutti, il computer". In un crescendo di retorica degno dei diari scolastici delle liceali con smanie poetiche, Montrucchio ci trascina in feste in spiaggia ("Fizz che canta e Ale che balla. La voce di Fizz calda come il fuoco e il corpo di Ale sinuoso come il fuoco per un attimo immobile al di fuori del tempo"), giri in motocicletta ("aria, aria, solamente aria intorno. Dio, non scenderei mai"), memorie tormentose ("ci fermiamo a parlare, e intanto sotto le parole ondeggia l'immagine di Niccolò, lui che aveva un pozzo oscuro nello sguardo, lui che si è ucciso con un'overdose più di un anno fa") e intuizioni estranee al senso del ridicolo ("Fizz racconta, e io mi accorgo che il nome Anna pronunciato all'inglese suona Ana - ana, la femmina dell'ano?").
Un degno finale attende tutti i protagonisti: il belloccio ha un incidente d'auto nel quale resta (ovviamente) sfigurato, il timido diventa scrittore e fa i soldi, il londinese si dà una calmata e mette su pancia e famiglia, il Bebe gay muore di Aids e tutti si ritrovano anni dopo a gettarne le ceneri in mare (peraltro in Italia è vietato). Visto che all'autrice difettavano le idee, avrebbe potuto almeno curare la forma: nelle sue pagine c'è sempre qualcuno che "si scrolla i capelli dal viso", "si arrotola una ciocca di capelli", "si scosta i capelli dalla faccia" (ripetuto più volte), "si tocca i capelli", "toglie le dita dalla frangia", "si passa le mani fra i capelli", "incaglia una mano fra i capelli", "si toglie i capelli dalla faccia", "si passa una mano fra i capelli", "toglie la mano dai capelli", "si tira via i capelli dalla faccia", eccetera. Il tredicenne furbetto avrebbe potuto vaticinare anche l'invenzione dei controlli ortografici di Word, che aiuta a evitare le ripetizioni?
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