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scheda di Rotondo, F. L'Indice del 2000, n. 12
Ritorna Lupetto Mannaro. Come si sa il piccolo licantropo era stato abbandonato dai suoi genitori a causa della sua diversità, ma adottato da una famiglia che invece ama le bizzarrie. Adesso Dolfi parte per il campeggio, ma, a causa di un errore di consultazione del calendario, si trova precipitato in una crisi di licantropia in una notte di luna piena in un bosco spaventoso alle prese con una creatura misteriosa e selvaggia e con un pericolosissimo cacciatore di lupi. Per fortuna intervengono in suo aiuto gli stravaganti genitori adottivi, il nonno, lupo mannaro anche lui, e Amina, la bambina di cui Dolfi si è innamorato (con sorpresa finale). Come nel precedente libro, la figura del piccolo lupo mannaro si presta a raccontare un apologo che rappresenta la diversità come possibilità personale e non minaccia per gli altri e mostra come accettare ogni individualità, anche la più eccentrica, vincendo pregiudizi e stereotipi. Dolfi soffre perché non è come gli altri bambini - o meglio, perché c'è chi non lo considera uguale agli altri - ma non intende rassegnarsi e fuggire sempre, vuole piuttosto partecipare alla vita che conducono gli altri coetanei, per questo si reca al campeggio malgrado i pericoli. Come spiega l'autore: "Non voglio dire che i bambini si trasformino sempre in lupi mannari, ma qualche volta si sentono così, dentro. E allora hanno voglia di mordere, di graffiare...".
(F.R.)
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