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Recensioni Lulù-Lo spirito della terra-Il vaso di Pandora

Recensioni: 5/5

La serata della prima rappresentazione del Vaso di Pandora a Vienna, il 29 maggio 1905, come la prima parigina dell’Ubu re di Jarry, è uno degli avvenimenti che inaugurano il teatro moderno. Quella sera, davanti a un pubblico di invitati filtrato con ogni cautela dall’autorità di polizia e dagli organizzatori, dopo una lunga presentazione di Karl Kraus, la scena si apriva su una vicenda sconvolgente, che allora apparteneva allo scandalo e oggi alla mitologia: la storia della fine di Lulu, archetipo violento della femminilità. Quella sera Lulu era Tilly Newes, che con la sua interpretazione conquistò Wedekind e ne divenne poi la moglie e l’attrice preferita; Karl Kraus stesso aveva la parte di Kungu Poti, principe africano; il brillante saggista viennese Egon Friedell era un commissario di polizia e, infine, Wedekind aveva la parte che corona questa discesa negli abissi, quella di Jack lo Sventratore.
Scrittore totalmente d’istinto, ma dagli istinti precisi, Wedekind irrompe con malagrazia nella storia del teatro, mostrando ciò che, allora, il teatro aveva quasi la funzione di occultare, e che indubbiamente non si rivelava in certi titanici, ma quanto timidi e prudes, campioni del moderno quali Ibsen. La carica sessuale che si era accumulata nella fine secolo, nascosta a fatica nella serra del liberty, dove la sessualità finisce per censurarsi nella nascita dell’astratto, esplode senza precauzioni con Wedekind. Le pedanti costrizioni del naturalismo vengono qui annientate proprio da un sovrappiù di crudezza nel materiale; e la vita bruta si rivelerà essere non una tranche de vie, ma al contrario qualcosa di inverosimile, che assume un tono di esasperazione astratta affine al teatro di marionette e al circo. E il riferimento a queste due forme, che sarà poi così ossessivo in tutta l’arte del Novecento, si presenta qui nella sua origine.
Preceduta da Strindberg, Sacher-Masoch e dalla Sonata a Kreutzer, cresciuta insieme alle prime grandi scoperte di Freud, agli attacchi di Kraus contro la scandalosa tutela della moralità sessuale, all’apparizione e al suicidio di Weininger, Lulu è la sovrana di quei brevi anni in cui la sessualità fu davvero un problema primario, che toccava le radici di tutto: reincarnazione della mater saeva Cupidinum, prostituta sacra, intatto essere preistorico, essa trascina con sé nella distruzione un corteo variegato di uomini, ma il vero oggetto della distruzione è lei stessa. Il destino che si compie in Lulu, giustiziata da Jack lo Sventratore, è quello che la società riserva a ogni eccesso che nella sua forza integra riesca a metterla in dubbio, eccesso di cui la donna e la natura sono insegne privilegiate. Nessuno come Karl Kraus ha saputo interpretare i molti sensi di questa vicenda, perciò il suo splendido saggio introduce qui l’opera; come ultima eco del testo si raccomanda invece al lettore di ascoltare il sassofono ‘delinquenziale’ nella incompiuta Lulu di Alban Berg.

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