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Quello che posso dire di questo romanzo sono solo cose piacevoli. Fra le cose che più ho apprezzato c'è il triplo cambio del punto di vista della storia, raccontata in prima persona da Miro, poi in prima persona da Asia e infine in terza persona. I tre protagonisti sono caratterizzati benissimo, tanto bene che sono riuscito a trovare un po' di me stesso in tutti e tre e in tutte e tre le loro storie. Il finale, che non anticipo, è sicuramente da ricordare. O il doppio finale. E chi leggerà capirà. Lo consiglio assolutamente.
Quel che più sorprende dello stile della Saracino e che ne costituisce la cifra però è la propensione alla metafora e dalle metafore emerge sotterranea l'autrice, il lessico si innalza a scoprire la profondità della narrazione, di una vicenda familiare in cui ognuno dei personaggi è un concentrato di segreti e ferite, di soluzioni non riuscite alla propria fragilità esistenziale, all'esposizione alla realtà. La narrazione s' incentra sull'inesorabile dramma dell'affiorare delle verità esistenziali dei tre fratelli Molinari e di chi li circonda, le cui cicatrici nascoste li espone ad ulteriori ferite che rischiano di farne delle saponette usate che per l'usura mostrano delle fessurazione simili a quelle saponette viola la cui consunzione turbava tanto l'animo della gemella autistica di Asia, Emma. La capacità di affabulare non manca di certo all'autrice che snoda la narrazione in sequenze quasi cinematografiche di punti di vista in cui il filo rosso narrativo è dato da tematiche fondanti l'esistenza e la società contemporanea: la diversità declinata in termini di omosessualità, di disabilità, l'omofobia, l'apparente levità degli intrecci amorosi, cui fa da contrappeso la pesante e dannata serietà degli stessi, la manipolazione e l'invadenza distruttiva dei media nella vita individuale. In tutto ciò si dipana con grande evidenza e con sapiente misura sino alla fine del romanzo il problema del rapporto dell'individuo con la sua verità esistenziale, cosicché, se è vero che la luce giusta cade di rado, illuminando le verità esistenziali di Asia, Emma e Thomas, che da questa luce vengono sopraffatti e tratti fuori dal cono d'ombra del loro non detto e dei loro pregiudizi, appare altrettanto vero che questa sovraesposizione alla luce deve trovare, attraverso la scoperta intuitiva di legami più profondi con l'esistenza, in una dimensione quasi rituale che custodisce gli affetti.
Questo romanzo mi ha sorpresa, scioccata, commossa, emozionata. E' un romanzo maturo, scritto benissimo, scorrevole ed equilibrato; non ha assolutamente nulla da invidiare a libri di autori ben più famosi e quotati. Mi sono innamorata di questa storia sin dal primo capitolo, così avvincente da riportarmi alla memoria l'incipit delle Vergini suicide di Jeffrey Eugenides. Tracce di Eugenides si riscontrano un po' in tutto il romanzo, nel tipo di narrazione, nella particolarità delle immagini. L'idea del vicino di casa che osserva la vita dei tre fratelli fa un po' F. S. Fitzgerald ed è meravigliosa, oltre che resa con grande abilità. Ho apprezzato il cambio di narratore a metà libro, quando Asia diviene voce narrante al posto di Miro e viene poi ulteriormente sostituita da un narratore esterno e onnisciente. La scrittura, ben pensata e mai ostica, accompagna sapientemente una trama di per sé complessa che ben si presta a riflessioni e considerazioni sulla vita, sulla morte, sulle paure, sulla sessualità (qualunque sia la sua direzione). La luce giusta cade di rado, con il suo titolo suggestivo e accattivante, è uno spiraglio lasciato da una porta socchiusa, uno sguardo sulla vita di quattro persone che si incontrano, si perdono, si lasciano senza lasciarsi mai per davvero. Alla base, l'intensità e la complessità del legame fraterno, le sue ambiguità, il vero significato dell'amare e del donare tutto di sé. E' un libro che consiglio con il cuore e che con il cuore è stato scritto. Complimenti, Caterina.
Recensioni
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