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La storia è fatta di tanti periodi, ma non tutti, certo, ci appaiono uguali, non tutti sono ricchi di nodi decisivi, fertili di successivi svolgimenti.
La Lunigiana e la Versilia hanno rappresentato, negli anni di cui si parla in questo libro, uno dei momenti più caldi e vivi della storia di un popolo che non poteva accontentarsi delle conquiste del Risorgimento e dell'unità d'Italia, tanto meno delle celebrazioni ufficiali e dell'imbalsamazione, persino, di quello che il Risorgimento e le lotte per l'unità d'Italia avevano rappresentato.
I moti della Lunigiana, l'intrecciarsi delle organizzazioni di un pluralismo che corrispondeva all'animo delle sue popolazioni fiere e dei suoi lavoratori che non accettavano l'oppressione, o la predicazione moderata, sono stati capitoli non di una storia locale, ma della storia dell'Italia democratica. In quei paesi la lotta di classe non è stata mai spirito corporativo ma un momento del movimento operaio italiano, del movimento anarchico e socialista, poi della lotta a viso aperto contro il fascismo, della nascita del Partito comunista.
Fu forse proprio per questo che la crisi del primo dopoguerra vide lì l'inasprirsi delle lotte sociali, il feroce assalto reazionario, una crisi più profonda, un contrasto sanguinoso, come poche altre regioni del nostro paese conobbero allora.
La difesa di Sarzana, che diventò una sorta di mito durante gli anni scuri del fascismo per i perseguitati, per gli esiliati, per coloro che soffrirono il carcere, fu anche il sogno della battaglia aperta che si doveva poter condurre e che con la Resistenza venne poi condotta per ogni valle, per ogni borgo, per ogni città.
Non è una ricerca archeologica quella che l'autore ha voluto compiere: è qui approfondita la parte viva di una storia che non è finita quando si conclude il libro che abbiamo dinanzi, né questa storia si è conclusa ancora (dalla prefazione di Giancarlo Pajetta).
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