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"Londra è, nel complesso, la forma più possibile di vita", leggiamo nei Taccuini di Henry James. E un'ampia parte della biografia del romanziere è proprio costituita dalla sua graduale adozione di tale "forma di vita"; dal suo aderire sempre più intimo e partecipe alla realtà sensibile della metropoli di cui ama le stazioni affollate, "compendio di verità umane", le vetrine scintillanti nelle buie serate d'inverno, le monumentali scalinate dei club immerse in una penombra sacrale. Un tocco di fantastico si trasmette sempre dal suo sguardo alla realtà: dietro spesse cortine di nebbia, le sale del British Museum hanno "un po' dell'allegria di rosse luci durante un temporale", mentre di lontano la mole del Foreign Office sul Tamigi "fa venire in mente un palazzo indiano che bagni i piedi nel Gange". Ma è soprattutto l'immensità sfrangiata, caotica di Londra - contrapposta alle calcolate simmetrie parigine - ad affascinare James: nei tranquilli weekend, i limiti della capitale britannica sembrano allontanarsi all'infinito, "in una vaghezza popolata di avvenimenti possibili". "Avvenimenti possibili" che altro non sono che romanzi in nuce, disseminati nella metropoli in attesa che il romanziere flâneur si imbatta in loro: così nasce, è l'autore stesso a raccontarcelo, Principessa Casamassima. Fedele alla formula della collana "Le Città letterarie", Caroline Patey esplora in questo volumetto la Londra jamesiana senza mai perdere di vista quella di oggi: fra teatri demoliti, musei trasportati da una sede all'altra (è il destino della Wallace Collection) e quartieri spianati negli anni sessanta, guida i nostri passi nella città attuale sulle tracce di personaggi che continuano, attraverso l'eredità letteraria, ad appartenere al presente. Sullo sfondo, il mondo cui James si ispirò, rivisitato con brio ed erudizione: dalle collezioni d'arte ai rifugi di anarchici e terroristi, dagli stagni incantati dei parchi alle vetrine degli antiquari evocate nelle pagine inquietanti della Coppa d'oro.
Mariolina Bertini
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