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Anno edizione: 2020
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Nella prefazione a “A Volte Ritornano”, Stephen King scrisse che al centro della letteratura dell’orrore c’è il confronto con la propria mortalità: leggere una storia dell’orrore è come tastare un cadavere attraverso un sudario, e scoprire che è il nostro. Ma se le sue entità soprannaturali sono controfigure della Morte, gli orrori di Lisa Tuttle sono qualcosa di più sottile. I mostri, le ombre e le metamorfosi nei suoi racconti sono per i noi lettori quello che bambole e pupazzi sono per un bambino o una bambina: oggetti sui quali proiettare le nostre aspettative e attraverso i quali affrontare la nostra solitudine, le nostre debolezze, i circoli viziosi e i vicoli ciechi delle nostre esistenze. Non ho una spiegazione su come sia possibile che storie così spietate con il lettore siano così piacevoli da leggere, e perché una volta finito il libro se ne chieda ancora. Alcuni indizi sono la scrittura perfettamente strutturata e ritmata dell’autrice, la sua comprensione della natura umana, complice e priva di giudizi, e la sua immaginazione variegata e talvolta sorprendente; ma c’è di più ed è qualcosa che sfugge alle parole. Se volete farvi un giro turistico nel vostro lato oscuro, fatelo con lei. Siete in buone mani.
Tutto sommato una buona raccolta di storie weird, mi aspettavo però molto di più, visto che avevo letto negli anni '90 alcuni suoi racconti in vecchie antologie horror della Newton, e che mi avevano lasciato una buona impressione. Diciamo subito che si tratta di ottimo intrattenimento, buone le idee e a volte anche le atmosfere, la prosa invece è decisamente colloquiale, in linea con il modo di scrivere moderno. Per quanto riguarda invece il paragone con il maestro Robert Aickman, si possono riscontrare vaghe similitudini in alcune trame e atmosfere indefinite, ma ovviamente Aickman appartiene ad un altro universo letterario (molto più alto), sia per questioni stilistiche e linguistiche, ma anche per erudizione, profondità di analisi psicologica, qualità d'immaginazione e di pensiero. Tutto dipende dalla visione che ognuno di noi ed in particolare per gli appassionati del fantastico, ha della letteratura, cosa ci aspettiamo da una vera opera letteraria, sia dal punto di vista stilistico, sintattico e semantico (a chi importa oggi?), sia dal punto di vista contenutistico, se ci si accontenta della sola narrazione di fatti ed eventi,e di invenzioni fantastiche, o se si cerca qualcosa di più, dal punto di vista filosofico, esoterico, psicologico, etc. io appartengo alla seconda specie di lettori, e non mi accontento mai della sola lineare narrazione. Tra le donne del weird preferisco di gran lunga una come Shirley Jackson, ovviamente per qualità psicologica delle sue opere, e per le atmosfere decisamente allusive e indefinite.
Sinceramente mi aspettavo molto di più, avevo avuto una buona impressione leggendo tanti anni fa alcuni suoi racconti in vecchie antologie tematiche della Newton. Diciamo che almeno per me questi racconti scelti dall'autrice stessa rappresentano un buon passatempo, ,ma tutto si ferma lì, o quantomeno per chi percepisce la letteratura dell'immaginario come puro intrattenimento, queste storie sono ottime per quel tipo di scopo: per me e per quei pochi fuori di testa che guardano a questo tipo di narrativa con occhi diversi, direi proprio di no. Inoltre il paragone un pò azzardato con il maestro Aickman lo trovo un pò fuori luogo, Aickman può essere paragonato solo a Henry James, Walter de la Mare e fra i contemporanei a Ligotti, proprio perchè è stato uno scrittore unico nel suo genere, e non bastano vaghe atmosfere similari per comparare una buona autrice come la Tuttle ad un vero e proprio nume tutelare del fantastico più strano e bizzarro. Prima di tutto per questioni linguistiche, la prosa di Aickman è davvero, per stile ed eleganza tutt'altra cosa, ma anche le idee, le atmosfere, per non parlare delle sue eruditissime divagazioni, il suo personalissimo e originale esoterismo junghiano, diciamo che siamo formalmente e contenutisticamente lontani. Ma queste storie se paragonate all'horror modaiolo degli anni '80 e '90, sono vero oro colato, semplicemente diversi, almeno per inventiva, al pattume di quegli anni lì, anni in cui la letteratura dell'incubo perse quell'afflato filosofico, ermetico, onirico che contraddistinse il genere e lo elevò anche per questioni linguistiche, al rango di grandi classici della letteratura.
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