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Il «libro di lettere» di Girolamo Borsieri: arte antica e moderna nella Lombardia di primo Seicento
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Il «libro di lettere» di Girolamo Borsieri: arte antica e moderna nella Lombardia di primo Seicento - Paolo Vanoli - copertina
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«libro di lettere» di Girolamo Borsieri: arte antica e moderna nella Lombardia di primo Seicento

Descrizione


Il cosiddetto "epistolario" manoscritto di Girolamo Borsieri è la fonte privilegiata per accostarci dall'interno a uno dei momenti più entusiasmanti dell'arte lombarda di età moderna. Obiettivo del volume è fornire una chiave di lettura più consapevole ai manoscritti dell'"epistolario", fino ad oggi utilizzati negli studi storico-artistici come una fonte neutra, di prima mano, senza porsi fino in fondo il problema del loro statuto e delle intenzioni che presiedono alla loro compilazione: quelle di un "libro di lettere" destinato alla pubblicazione e concepito come un'autobiografia intellettuale. Accanto all'analisi dell' "epistolario" e al commento di un centinaio di lettere di argomento letterario, artistico e antiquario, il libro dà conto anche della produzione poetica di Borsieri legata alle arti e ricostruisce il suo profilo di conoscitore, mettendone in rilievo i rapporti con il mondo dei collezionisti, degli antiquari e dei letterati lombardi.
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Dettagli

2015
1 aprile 2015
319 p., ill. , Brossura
9788867052899

Voce della critica

Girolamo Borsieri (Como 1588 - 1629) è da tempo un compagno di strada degli studiosi dell'arte lombarda del Cinquecento e del Seicento, fonte ineludibile per ogni ricerca in quell'ambito cronologico e geografico. Egli pubblicò poco in vita, lasciando un cospicuo epistolario e molti progetti incompiuti confluiti tra i ricchi fondi manoscritti della Biblioteca civica di Como. Nella genealogia dei comaschi illustri nelle lettere, Borsieri si inserisce di diritto tra figure per nulla locali, tra i due Plinii e Paolo Giovio e, guardando in avanti, Carlo Castone della Torre di Rezzonico, il formidabile segretario settecentesco dell'Accademia di Parma. Su di lui esce ora un volume molto importante che aggiorna i risultati del lavoro pionieristico di Luciano Caramel, al quale si deve la prima pubblicazione delle lettere di Borsieri attentamente commentate e annotate in un lungo saggio in rivista del 1966. L'edizione delle lettere pubblicata da Caramel, provvista di indici preziosi e di una proposta di sequenza cronologica che ne circoscriverebbe la scrittura tra il 1606 e il 1626 circa, permetteva di capire il ruolo giocato da Borsieri per promuovere l'attività dei pittori lombardi a lui contemporanei (tra i primi i fratelli Giulio Cesare e Camillo Procaccini, il Moncalvo, il Cerano, il Morazzone) presso i collezionisti più illustri di Milano e di alcuni altri centri dell'Italia settentrionale. Borsieri si dimostra un critico militante attivo sul mercato artistico, capace di conquistare il proprio pubblico con argomenti efficaci e anche grazie a una rete di relazioni che lo vedono dialogare con il poeta Giovan Battista Marino, il duca di Savoia Carlo Emanuele I, il nobile genovese Giovan Carlo Doria e, soprattutto, il cardinale Federico Borromeo, di cui fu consigliere molto ascoltato negli anni della formazione della Biblioteca Ambrosiana (aperta al pubblico nel 1609) e della collezione artistica destinata a essere d'esempio per i giovani pittori e scultori attivi tra i banchi dell'Accademia Ambrosiana (inauguratasi nel 1618). Con questo lavoro di promozione costante degli artisti delle sue terre, egli immaginava forse di riuscire a inserire anche i lombardi nel canone delle scuole regionali che si andava allora cominciando a definire. Il libro di Vanoli fornisce nuovi elementi di conoscenza positiva sfuggiti alle arature di Caramel, ma soprattutto permette di valutare il metodo di questo conoscitore d'arte senza molti pari nell'Italia del Nord del suo tempo e al contempo di definire la natura della raccolta di lettere. Proprio su quest'ultimo aspetto, l'autore raggiunge la consapevolezza che il cosiddetto "epistolario" Borsieri non sia una fonte neutra, di prima mano, ma piuttosto un artificioso montaggio destinato alla pubblicazione: un "libro di lettere", concepito come un'autobiografia intellettuale, come se ne andavano proponendo nell'Italia e nell'Europa del tempo. È però sul fronte dell'esperienza professionale maturata dall'erudito comasco nel giudicare le opere d'arte che oggi riusciamo a orientarci meglio. Vanoli infatti ipotizza che la sensibilità di Borsieri nel descriverle, il suo "occhio" impareggiabile nel giudicarne le qualità specifiche e l'autografia (nel caso si trattasse di esemplari del passato) siano il frutto della sua lunga esperienza di antiquario. Egli infatti lavorò fin dagli anni giovanili a un censimento delle antichità romane e di età medievale in Lombardia (il Theatrum Insubricae Magnificentiae) che non vide mai la luce, ma per il quale si trovò a rintracciare e descrivere medaglie, monete, rilievi scolpiti integri o frammentari, epigrafi e così via. Per Borsieri, lo studio delle testimonianze materiali, l'analisi e il confronto dei reperti, furono, più dell'autorità degli scrittori antichi, lo strumento privilegiato della conoscenza del passato. Prima conoscitori, poi storici; lo ha detto in modo lapidario Pietro Toesca, maestro degli studi storico-artistici all'Università di Torino, ma prima di lui lo hanno pensato e messo in opera in molti: e Girolamo Borsieri è una di queste voci da ricordare.   Alessandro Morandotti    

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