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Anno edizione: 2013
Anno edizione: 2010
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Recensioni pubblicate senza verifica sull'acquisto del prodotto.
Libro coinvolgente, misterioso, dolente. Trevi, oltre a essere il migliore recensore di libri che abbiamo in Italia, li scrive anche molto bene...
Cosa ti è successo Emanuele? Forse l'amore ti ha completamente accecato facendoti perdere lucidità... la tua naturale poesia è attualmente impegnata in tutt'altro fronte? fatto sta che questa pappa trita e ritrita sebbene ben scritta, non mi ha fatto trovare proprio nulla di entusiasmante come nei tuoi libri precedenti.Il mio augurio è che tu possa ritrovare in futuro qualcosa di reale in cui rispolverare tutto il tuo argento vivo.
Meraviglioso.Una lettura che non dimenticherò mai, un dono raro.
Recensioni
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Emanuele Trevi critico non ama (non sopporta) le recensioni che raccontano la trama d'un libro. Il Trevi romanziere, a scanso di equivoci, ci consegna così un romanzo che meno che mai può essere ridotto alla storia che racconta, e per scrivere il quale hanno collaborato (cospirato) il Trevi critico e il Trevi narratore. Il romanzo (metaletterario direbbe qualcuno) si costruisce intorno al ritrovamento del quaderno di una bambina, che nel volume viene riportato integralmente, con scrittura infantile e disegni, e analizzato con gli strumenti sofisticati della critica applicati in questo caso a un testo acerbo, che però si presta lo stesso, anzi diventa paradigmatico nella sua primordialità, allo svelamento dei procedimenti letterari. Ma, a questo punto, qualcosa della trama bisogna pur dire. Il protagonista è lo stesso Trevi, l'"io narrante" che si mette (viene messo) su un treno da Roma a Napoli nei cui pressi deve tenere una relazione sul tema Etica e letteratura. Mentre il treno arriva, c'è il tempo di fare considerazioni sulla insignificanza della realtà e su Napoli, "che forse è il luogo più arbitrario di questo mondo, una città dove le stesse regole della geometria euclidea appaiono sospese, a partire dalla elementare distinzione tra il vicino e il lontano che, anziché rappresentare un'alternativa netta, non fanno che scambiarsi ruoli e prerogative ciò che è lontano, per esempio, rivelandosi molto più vicino di ciò che era da considerarsi vicino, e viceversa". Il che sembra fare il paio con le considerazioni di Walter Benjamin sulla porosità di Napoli nel suo scambio di interno/esterno. E se l'arrivo nella città può evocare quello di Goethe (questo attraverso le campagne e la vista del Vesuvio, quello di Trevi attraverso la periferia sgangherata), il frugare dello sguardo nei pressi della stazione ci riporta al Napoli Ferrovia di Ermanno Rea, sguardo, quello di Trevi, che coglie un impalpabile pulviscolo che si adagia su "una desolazione stabilita per sempre e senza rimedi". E poi l'allontanarsi dalla stazione, dà il via, come lo chiama l'autore, a un viaggio iniziatico nella spazzatura: "Tutta la zona [ ] era sommersa dalla spazzatura", una spazzatura che sembrava addirittura "piovuta dal cielo". Ma quello di Trevi non è un libro su Napoli, anche se Napoli è il paradigma da contrapporre al mondo della "gioia perpetua". A farla breve, la signora Mastellone dà all'autore a risarcimento del viaggio inutile (l'incontro letterario è saltato perché la Biblioteca comunale della fantomatica Santa Volpina in cui si doveva tenere era stata chiusa; e indovinate perché: per motivi sanitari) un plico con delle fotocopie a cui Trevi dà già un'occhiata sul treno del ritorno: è il suo primo incontro con il Libro di Clara e Riki, o il Libro, così come semplicemente lo chiamerà: "Il paesello di Loissiniere questa la prima frase era ricoperto di neve ed i ragazzi scivolavano con la loro slitta giù per la vallata". Il libro di Trevi diventa così un corpo a corpo con il Libro della piccola autrice che ha appena otto anni. Un tuffo nell'età aurorale dell'infanzia, la cui innocenza anticipa la saggezza della vecchiaia, in quella sorta di stasi nel tempo che più che alla tradizionale freccia sembra rimandare all'immagine d'un gatto acciambellato a forma d'anello. Apparentemente, quella dell'infanzia è un'età facile, quasi anagramma di felice. Ecco allora che la puntata a Napoli diventa un vero "spartiacque", e lo scrittore comincia oltre che il viaggio nel Libro, un viaggio dentro se stesso. Una curiosa malattia del sonno lo colpisce, provocando strane letargie e il rifiuto di ogni resistenza di fronte alle aberrazioni della quotidianità (siano Berlusconi o il Grande Fratello). Qualcosa di più profondo è scattato in quella condizione ipnotica che porta a smaltire le tossine di una esteriore vita sociale, di un ruolo che sta stretto: "Ma la pratica costante del cosiddetto lavoro intellettuale, di sicuro, aveva finito col rendermi un individuo del tutto fasullo. Incapace, vale a dire, di esprimere sentimenti in maniera diretta e immediata". Ed è il Libro che porta un po' di luce. È vero, alla saturazione di letteratura e intellettualismo si reagisce in fondo grazie a un altro libro. Un libro da indagare con gli strumenti sofisticati della semiologia come per le analisi delle fiabe il cui studio ha dato vita alla moderna narratologia. Come in quel caso, Trevi, che scrive il suo romanzo contro il romanzo, ritorna all'infanzia della Scrittura, all'infanzia della Vita, all'infanzia della Storia. Come in un fermo-immagine. Come nell'ultima pagina del quaderno dove i due bambini salutano sotto un grande ciao: "Ma nella finta eternità del disegno, erano lontani e soli, e l'uno era la casa dell'altro, e se il mondo intero scaturisce da una sola sorgente, ebbene la loro barca era lì che si stava dirigendo". Un libro in cui c'è tanto e insieme la scommessa di tenere tutto insieme. Enzo Rega
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