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Anno edizione: 2020
Anno edizione: 2020
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Attraverso le parole di un osservatore attento e ironico, il racconto quotidiano di un Paese in cerca di se stesso, dalla politica all'antipolitica, dal giustizialismo alle migrazioni, dai sovranismi alla nostra memoria condivisa.
«Scrivere per un pubblico è sempre un atto di presunzione. Bisogna almeno concedersi la decenza di rifuggire dall'infingimento, dalle false modestie, dagli ammiccamenti, dalle accondiscendenze. Prendersene la responsabilità e dire quello che c'è da dire, se necessario essere distanti, sgradevoli, persino elitari, essere contraddittori perché il pensiero coerente è un pensiero sterile.»
Giorno dopo giorno, pagina dopo pagina, ripercorrere i racconti del nostro presente che quotidianamente Mattia Feltri con il suo Buongiorno dispone come tessere di un mosaico o elementi di un affresco è come sfogliare un romanzo popolare a puntate, in cui piccoli e grandi personaggi si alternano senza soluzione di continuità a storie minime o eventi straordinari. Dalla politica all'antipolitica, dal giustizialismo al sempiterno dibattito sulla memoria condivisa del Novecento, dallo spettacolo della nostra cultura millenaria alla cultura dello spettacolo di Tv e social media, fino ad arrivare a fenomeni epocali come l'emigrazione di massa e il femminismo, Feltri prende spunto da episodi di cronaca che fanno eco agli stessi, eterni vizi degli italiani, ed è capace di rileggerli con sguardo diverso e leggero, fornendo ogni volta una chiave di lettura spiazzante. E lo fa sempre con lo stesso obiettivo: spingere il lettore a riflettere, senza incattivirsi o scadere nell'indignazione fine a se stessa, e produrre così un moto di cambiamento innanzitutto individuale e, in seconda battuta, collettivo. A caccia di particolari sempre nuovi e rivelatori della nostra identità, questo libro è un viaggio avvincente attraverso le contraddizioni di un Paese in cui tutto si trasforma in un Italian derby, e ogni giorno può capitare di chiedersi: «Si può essere tifosi del Toro e di buonumore anche dopo il solito derby perso?». Ma soprattutto: «Era rigore o no?».
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