William Blum, funzionario del dipartimento di Stato USA, ha lasciato il suo incarico nel 1967, a trentaquattro anni, per protesta contro l’operato degli Stati Uniti in Vietnam. Nel 1969 pubblica così il primo di una serie di libri denuncia, rivelando i nomi e gli indirizzi di oltre 200 dipendenti della CIA. Successivamente, la sua permanenza in Cile tra il 1972 e il 1973 durante la quale si dedicò a raccontare l’esperienza socialista di Salvador Allende e la sua tragica fine per mano della CIA, fu decisiva a installare in Blum una crescente passione nello studio dell’operato internazionale degli USA. Giornalista freelance negli Stati Uniti, in Europa e in Sud America, Blum nel 1999 è stato premiato dall’organizzazione Project Censored per ?il giornalismo esemplare? grazie a un articolo che raccontava come, negli anni 80, gli Stati Uniti avessero fornito materiali all’Iraq per lo sviluppo di armi chimiche e batteriologiche. È stato tra i fondatori del «Washington Free Press», il primo quotidiano alternativo della capitale statunitense. In Italia il brillante giornalista è giunto alla notorietà con il suo Il libro nero degli Stati Uniti (Fazi Editore, 2003) – uscito per la prima volta negli USA nel 1995 con il titolo Killing Hope. L’attenzione di Blum si focalizza in particolare sull’operato della CIA dal 1947, anno della sua creazione, a oggi. Il ritratto che emerge è quello di un’amministrazione quasi indipendente, dotata di un numero maggiore di funzionari (ufficiali e non) rispetto al Dipartimento di Stato, con dotazioni militari proprie e che fino alla disfatta della Baia dei Porci del 1961 non è mai stata sottoposta a indagini parlamentari o controlli esterni. Nel 2005 esce, sempre per Fazi Editore, Rapporti dall’Impero, nuovo punto del percorso storiografico di Blum sulla democrazia americana. Nel gennaio 2006 la popolarità di Blum ha raggiunto un successo ancora maggiore: Osama Bin Laden, in un comunicato audio, ha suggerito agli americani la lettura dei suoi volumi!