Ezio Comparoni è stato figura quanto mai schiva ed enigmatica nel panorama letterario del Novecento italiano. Autore dagli innumerevoli pseudonimi (fra cui il celebre Silvio D'Arzo), ha esplorato i più importanti campi letterari, spaziando dalla poesia al saggio, dal semplice racconto al romanzo breve.
Nasce a Reggio Emilia nel 1920, figlio di Rosalinda Comparoni e di padre sconosciuto, e vive in piena solitudine per buona parte dell’infanzia e dell’adolescenza.
Quello che meraviglia di più è la sua precocità: legge moltissimi autori stranieri come Stevenson, Conrad, Kipling e Hemingway. Su questi stessi scrittori, a soli 15 anni, scrive dei saggi su diversi giornali. Con lo pseudonimo di Raffaele Comparoni pubblica nel 1934 Maschere, Racconti di paese e di città (Carabba), e lo stesso anno compare anche il libro di poesie Luci e Penombre (La Quercia).
Da giovanissimo intreccia con l’editore Enrico Vallecchi una corrispondenza che durerà dieci anni. Avendo già usato lo pseudonimo di Silvio D’Arzo, e costretto da Vallecchi a fornire note sulla sua vita, gli invia quindi una biografia immaginaria, con tanto di foto falsa.
Nel 1941 si laurea in Lettere presso l'Università di Bologna, e conduce un’esistenza breve e solitaria, pubblicando in vita molto poco: alcuni racconti misconosciuti, oggi tra i più significativi della storia della letteratura italiana; e un solo romanzo nel 1942, All'insegna del buon corsiero (Vallecchi).
Il suo romanzo più importante è però Casa d’altri, le cui travagliate vicende editoriali dimostrano le difficoltà del caso. Il libro, nonostante fosse molto piaciuto al noto critico Emilio Cecchi, viene rifiutato sia da Vallecchi che da Einaudi. Bisognerà aspettare il 1952 per vederne una prima versione sulla rivista «Botteghe Oscure»: l’anno seguente apparirà un’edizione identica per la Sansoni. Infine il libro verrà pubblicato anche da Einaudi e Bompiani.
Eugenio Montale fu tra i primi e più illustri estimatori di Casa d’altri, definendolo «perfetto». Giudizio, quello di Montale, che in futuro contribuirà in maniera rilevante a stimolare l’attenzione della critica sulla sua opera.
Silvio D'Arzo muore prematuramente a causa di una malattia, poco prima di compiere 32 anni.
Dal 2002 al 2004 alla biblioteca Panizzi di Reggio Emilia, città natale dell’autore, si è tenuta una significativa mostra per commemorarne la memoria, riuscendo a riportare all’attenzione collettiva un autore immeritatamente dimenticato.