"Nome d'arte di Jan Tomás F., Regista statunitense di origine ceca. Studia regia alla scuola di cinema di Praga, lavorando poi come presentatore in televisione e come sceneggiatore e aiuto-regista nel cinema; dal 1957 al 1961 partecipa a Laterna magika (Lanterna magica), collettivo di registi e sceneggiatori interessato all’allestimento di spettacoli che combinano teatro e cinema, rifacendosi all’esperienza delle avanguardie europee tra le due guerre mondiali. Negli anni che preparano la breve ma intensa «primavera di Praga» maturano rapidamente le condizioni per il suo esordio alla regia, che avviene con Konkurs (1963), largamente influenzato dai principi del «cinema verità», come anche i successivi L’asso di picche (1964) e Gli amori di una bionda (1965). Nel generale processo di svecchiamento della società cecoslovacca dall’ottuso torpore della burocrazia stalinista, il suo cinema sceglie come bersagli prediletti comportamenti e convenzioni di una classe borghese nella quale si incarna un’intera società ormai sclerotizzata. Questa carica polemica si accompagna a un’evidente ricerca di realtà, in sintonia con gli umori del contestuale processo di rinnovamento delle cinematografie europee, senza trascurare gli aspetti umoristici e surreali: emblematico in tal senso Al fuoco, pompieri! (1967), satira spietata nella quale, dietro l’attenzione per la piccola umanità brulicante a un ballo indetto dal corpo dei pompieri di una cittadina, si indovina la volontà di sferrare un affondo fatale ai danni delle ipocrisie della classe egemone. Il repentino mutare della situazione politica in patria dopo l’invasione sovietica dell’agosto 1968 induce F. ad accogliere l’invito di Hollywood. Il primo lavoro del periodo americano ha il significativo titolo di Taking Off (1971), perfetto per una vicenda nella quale si mettono a nudo le contraddizioni della media borghesia urbana statunitense, facendo collidere la generazione dei padri conservatori con quella dei figli hippy. F. continua a osservare polemico il mondo che gli sta attorno, si tratti della Cecoslovacchia sotto il tallone sovietico o degli Stati Uniti che si proclamano patria della libertà e della democrazia: il grande successo di Qualcuno volò sul nido del cuculo (1975), tratto dall’omonimo romanzo di K. Kesey, che ottiene 5 Oscar, compreso quello per il miglior film non è solo dovuto alla straordinaria interpretazione del protagonista J. Nicholson, ma anche al sottile discorso su una società, rappresentata dall’istituzione manicomiale, nella quale non si riescono più a distinguere i pazzi dai sani di mente. Ormai pronto a cimentarsi in progetti sempre più ambiziosi, F. firma l’adattamento cinematografico del musical Hair (1979), sulla cultura dei figli dei fiori degli anni ’60, e la grande epopea dell’America degli anni ’20, dilaniata dalle tensioni razziali, di Ragtime (1981), non sempre riuscendo a conservare l’acutezza del suo sguardo in simili superproduzioni. Poco dopo incanta critica e pubblico con Amadeus (1984, otto premi Oscar), romanzata biografia del genio musicale di Mozart, nella quale si intrecciano intimismo e grandiose scene di massa. Dopo il relativo insuccesso della sua versione di Le relazioni pericolose di de Laclos, Valmont (1989), si dedica soprattutto all’insegnamento, non disdegnando piccoli ruoli d’attore (per es. in Heartburn - Affari di cuore, 1988, di M. Nichols). Negli anni ’90, torna inaspettatamente alla regia con le biografie di due grandi americani sui generis, l’editore pornografico L. Flynt (Larry Flynt - Oltre lo scandalo, 1996) e il comico schizofrenico A. Kaufman (Man on the Moon, 1999), pretesti perfetti per indagare, attraverso le loro esistenze, le contraddizioni della società che li ha prodotti. L’ultimo inquisitore (2006) è un drammatico affresco storico sulla brutalità dell’esercizio del potere, ambientato a partire dalla fine del Settecento, tra l’inquisizione spagnola e l’invasione napoleonica: il film è incentrato sulle vicende del pittore spagnolo Goya e di un inquisitore che si converte alla causa dell’illuminismo."