(Botticino, Brescia, 1791 - Brescia 1843) letterato e patriota italiano. Fu redattore e segretario della «Biblioteca italiana» ma, di sentimenti liberali, simpatizzò ben presto con i romantici del «Conciliatore». Arrestato nel 1821, scontò nove mesi di carcere; andò poi esule in Svizzera, in Francia, in Inghilterra (a Londra coabitò con U. Foscolo), in Olanda, in Germania e in Belgio. Rientrò in patria dopo l’amnistia del 1838. Nel 1835, ospite della contessa Arconati in terra belga, tradusse, e fece conoscere per primo in Italia, la prima parte del Faust goethiano. Della sua opera critica, fondata su un’educazione di tipo illuministico ma aperta alla problematica del romanticismo italiano ed europeo, restano - oltre a vari frammenti inediti e scritti preparatori della traduzione del Faust - importanti saggi su Foscolo e su Manzoni: nel primo (Considerazioni morali sull’«Ortis», scritto nel 1818) condanna l’Ortis come libro pervaso di spirito rinunciatario; nel secondo (Sui «Promessi sposi» di A. Manzoni, scritto nel 1829) cerca di studiare i Promessi sposi nella loro dialettica fra ragioni di poesia e ragioni di fede, inquadrandoli nel contesto della cultura europea.Nel 1860 N. Tommaseo, cui S. aveva affidato le sue carte, pubblicò - di lui - un volume di Scritti che comprende anche un diario, Sciocchezzaio, tenuto fra il 1818 e il 1821, e i poemetti L’esule (il titolo originale è Il fuoruscito) e Ultimo carme. Altri suoi versi furono pubblicati in tempi più recenti. In essi l’autore si rivela poeta risorgimentale, critico nei confronti del cattolicesimo liberale, vigile e meditativo, ma a tratti anche incline a sfumature e morbosità che anticipano il decadentismo.