(Stoccolma 1688 - Londra 1772) teosofo svedese. Figlio di Jesper Swedberg, più tardi nominato vescovo luterano di Skara, studiò a Uppsala filosofia e scienze, e si perfezionò a Londra, poi in Olanda, Francia e Germania. Nel 1716 fu nominato assessore nel Collegio reale delle miniere. Attratto sin dall’infanzia dalle manifestazioni soprannaturali e metapsichiche, coltivò inizialmente interessi filosofico-naturalistici e solo in un secondo tempo si volse decisamente verso la riflessione teologica e l’esperienza mistica. Una «visione» del Cristo fu alla base del nuovo orientamento formulato nel De cultu et amore Dei (1744), che è una rielaborazione mistica della Genesi. Una seconda «visione» (1746) portò un cambiamento radicale nella sua vita. S. abbandonò il suo ufficio, si ritirò in solitudine a Horngata, e qui trascorse in disciplina ascetica quasi tutto il resto della sua esistenza, sforzandosi, anche con procedimenti psicofisici («respirazione interna»), di entrare in contatto con gli esseri soprannaturali, per trarne luce sul senso recondito della Scrittura, sotto l’influsso del neoplatonico Filone di Alessandria e di Origene. Sulla Bibbia e sulle «visioni» dell’aldilà è dunque fondato il sistema teosofico che elaborò, in stretta connessione con la sua idea di una «nuova chiesa» secondo modelli pietistici, ed espose nelle opere Arcana coelestia (8 voll.: 1747-58 e 1796), De coelo et inferno (1758), Vera christiana religio (1771). Nonostante la condanna ufficiale da parte della chiesa luterana svedese, e la contestazione ironica di Kant, gli scritti di S. si diffusero per il loro fascino esoterico e per l’alimento che davano al gusto romantico dell’arcano.