(Nuoro 1867-1914) poeta italiano. Laureato in legge, esercitò con successo l’avvocatura, finché nel 1908 una grave malattia lo ridusse all’immobilità. Socialista umanitario e romantico, s’impegnò con passione in un’opera di riscatto civile e culturale del popolo sardo, esponendo fra l’altro le sue idee sul quotidiano, da lui stesso fondato, «La Via». Alla realtà e ai miti della Sardegna ispirò le numerose raccolte di poesie che, da Versi ribelli (1893) a Ninna nanna di Vindice (1909), Canti barbaricini (1910), Canti del salto e della tanca (postumi, 1924), formano un inno ininterrotto e appassionato alla Barbagia, ai suoi monti, ai suoi pastori e soprattutto ai suoi banditi, idealizzati come incarnazione dell’atavismo libertario. L’impianto del discorso è di tipo veristico e folclorico, ma frequenti sono gli echi da G. Carducci, da G. Pascoli e (nella esaltazione della libera barbarie) da G. D’Annunzio. Poeta un tempo popolarissimo fra la sua gente, che lo considerò un Omero locale, fu apprezzato anche da critici come E. Cecchi, F. Neri e C. Calcaterra.