Leonardo Sciascia è stato uno scrittore e uomo politico italiano.
Esordisce sotto il segno di una prosa poetica (Favole della dittatura, 1950; La Sicilia, il suo cuore, 1952) che lascia però presto il passo ad una vena che si rivelerà per lui più feconda.
A dire dello stesso Sciascia, la sua cifra più autentica affonda infatti le radici in «una materia saggistica che assume i modi del racconto».
Questa direzione è subito evidente fin da Le parrocchie di Regalpetra (1956) e Gli zii di Sicilia (1958), che mostrano come gli spunti di cronaca isolana si sappiano fare pretesto e cornice per indagare sul costume sociale e le sue degenerazioni.
Esempi ancor più compiuti in tal senso saranno Il giorno della civetta (1961) e A ciascuno il suo (1966), che affrontano il tema della mafia, i suoi delitti e le eterne connivenze fornite da un abito mentale e culturale di condiscendenza.
Lungo tutto l'arco della sua attività di narratore, la sua natìa Racalmuto sarà trasfigurata (alla maniera che diverrà poi tipica del realismo magico sudamericano e della Macondo di Marquez) nell'immaginario paese di Regalpetra.
La lingua di Sciascia e il suo afflato narrativo pervadono anche la produzione di racconti, che sono forse la misura nella quale maggiormente si rivela il debito contratto dalla cultura dell'autore con l'illuminismo: Il Consiglio d’Egitto (1963), ambientato nel periodo delle riforme settecentesche; Morte dell’inquisitore (1964), sulla peculiare figura di un santo brigante; Recitazione della controversia liparitana dedicata ad A.D. (1969, in forma di pièce teatrale), prendente il suo spunto da un conflitto fra stato e chiesa nel 1700
Su scrittori e cose di Sicilia, Sciascia a scritto ancora diversi volumi, fra i quali citeremo Feste religiose in Sicilia (1965), La corda pazza (1970), una raccolta di interventi letterari, e La Sicilia come metafora (1979).
Negli anni Settanta la sua presenza in seno al dibattito culturale e sociale italiano si fa ancor più accesa, fino a concretarsi in un'esperienza diretta alla vita politica del Paese, in veste di deputato al parlamento nazionale ed europeo.
La sua produzione del decennio, non a caso, riflette questo rinnovato impegno; e, dopo i racconti di Il mare colore del vino (1971) e Atti relativi alla morte di Raymond Roussel (1971), Sciascia si dedica completamente a mettere a fuoco i problemi del suo tempo.
Ne Il contesto (1971) e Todo modo (1974, dal quale verrà tratto un film con Gian Maria Volonté protagonista) descrive la ragnatela di complicità che sottende un potere corrotto e quasi kafkiano nella sua inesorabilità, soprattutto quello di emanazione cattolica; in I pugnalatori (1976), rievoca uno storico complotto tramato contro lo stato nel 1862, e stabilendo per questo tramite un parallelismo inquietante con la situazione presente; in Candido ovvero un sogno fatto in Sicilia (1977) si riaggancia al celebre racconto di Voltaire, trasponendone la vis fortemente antiideologica nei tempi moderni; in L’affaire Moro (1978) affronta l’uccisione del presidente della DC, e in Dalle parti degli infedeli (1979) muove un deciso j'accuse all’ingerenza della chiesa nella vita politica del paese.
Parallelamente allo sviluppo della sua vena "d'intervento", per così dire, Sciascia prosegue nel coltivare un filone narrativo d'impianto più tradizionale, e che a volte allude a stilemi tipici del giallo.
A questa parte della sua produzione appartengono senz'altro La scomparsa di Majorana, 1975; Il teatro della memoria, 1981.
Nero su nero (1979) è invece un "diario in pubblico", con il quale l'autore impugna e ironicamente sovverte l’accusa di pessimismo che, spesso strumentalmente, gli è stata rivolta.
Con Occhio di capra (1985) Sciascia si fa narratore, per gli uffici di un dizionario dei modi di dire, dei molti aspetti magici ed evocativi del mondo siciliano.
Tra le sue ultime opere ricordiamo: La strega e il capitano (1986), Il Cavaliere e la morte (1989), Una storia semplice (1989).