(Vignola 1672 - Modena 1750) storico, erudito e letterato italiano. Di famiglia modesta, si laureò in filosofia e diritto canonico e, sotto la guida di B. Bacchini, studiò la storia ecclesiastica venendo a contatto con la tradizione bollandista e maurina. Nel 1695 si trasferì a Milano come prefetto della Biblioteca Ambrosiana e nello stesso anno venne ordinato sacerdote. Nel 1700 tornò a Modena, nominato da Rinaldo I d’Este bibliotecario e archivista di corte.Fra il 1708 e il 1720 intervenne più volte in difesa delle ragioni degli Estensi, in contrasto con la Santa Sede a proposito di Comacchio (Piena esposizione dei diritti imperiali ed estensi sopra la città di Comacchio, 1712; Ragioni della Serenissima Casa d’Este, 1714); fu allora che cominciò ad approfondire i suoi interessi di storico (Delle antichità estensi, I parte 1717, II parte 1740). Erudito di straordinaria capacità e tenacia, volse i suoi studi al medioevo, fino a quel momento mal conosciuto e non ritenuto degno di particolare attenzione. Ricercò e adunò, da solo, le fonti della storia d’Italia a partire dall’alto medioevo (500-1500) e le pubblicò nella monumentale raccolta Rerum italicarum scriptores (25 voll., 1723-51). A commento di questo materiale redasse le sue maggiori opere storiche: Antiquitates italicae medii aevi (1743), sulle istituzioni e i costumi dell’età medievale; Novus thesaurus veterum inscriptionum (1738-42), e, in italiano, gli Annali d’Italia (12 voll., 1744-49), in cui ordinò ed espose annalisticamente, con amore per la chiarezza e passione per la verità, la materia storica dei Rerum. Fondatore della moderna storiografia su basi scientifiche e documentarie, M. occupa un posto di rilievo anche nella letteratura. Dal saggio su Vita e rime di C.M. Maggi (1700) a I primi disegni della repubblica letteraria (1703), alla sua opera maggiore, il trattato Della perfetta poesia (1706), fino alle Riflessioni sopra il buon gusto nelle scienze e nelle arti (1708) e alle Osservazioni alle «Rime» del Petrarca (1712), egli portò avanti, in una prosa semplice e ragionata, una sua idea della letteratura che finì per risultare la più organica codificazione degli ideali estetici dell’età arcadico-razionalistica: opposizione all’incontrollata effusione del barocco, ripristino dei canoni della chiarezza e dell’evidenza, subordinazione del fine dilettevole al fine utile, morale e civile. Soluzioni di equilibrio e di compromesso che limitavano fortemente i diritti della fantasia, ma che trovarono perfetta corrispondenza nel gusto medio dei riformatori arcadici. Fra le molte altre sue opere, si ricorda il saggio Della pubblica felicità oggetto de’ buoni principi (1749), vero e proprio manuale del dispotismo illuminato, che ebbe una larga fortuna.