(Ferrara 1452 - Firenze 1498) predicatore e scrittore religioso italiano. Lasciati gli studi di medicina per quelli religiosi, nel 1476 si fece domenicano. A Ferrara concluse gli studi teologici iniziati a Bologna e nel 1482 fu nominato lettore di Sacra Scrittura nel convento di San Marco a Firenze. Ben presto divenne predicatore famoso non solo in Toscana; enorme suggestione esercitarono le sue prediche fiorentine sull’Apocalisse e sulla Genesi (1490-94), che preannunciavano imminenti calamità per Firenze e per l’Italia, insieme a una rigenerazione della chiesa attraverso castighi e sofferenze. Priore di San Marco dal 1491, quando ottenne il distacco del monastero dalla provincia lombarda dell’ordine sembrarono realizzarsi le condizioni per una concreta azione di riforma insieme spirituale e politica che, partendo da Firenze, avrebbe dovuto interessare tutto il mondo cristiano. E infatti, dopo la calata di Carlo VIII e la cacciata di Piero de’ Medici (1494), S. divenne il principale ispiratore di una repubblica popolare, fondata sui principi del De regimine principum, allora attribuito a san Tommaso. Nonostante una condotta politica accorta e pienamente in linea con le esigenze e le tradizioni democratiche fiorentine, S. non riuscì a evitare la radicalizzazione in senso «puritano» dei suoi sostenitori (i «piagnoni») e la netta contrapposizione di Firenze a Roma: fu allora che le gravi accuse di immoralità mosse al papa Alessandro VI gli suscitarono contro molti nemici, fra cui i partigiani dell’oligarchia («arrabbiati») e quelli dei Medici («palleschi»), e lo condussero all’isolamento. Scomunicato nel 1497, S. venne arrestato, impiccato e arso nel 1498.Personalità sconcertante, dal fascino irresistibile, S. influenzò filosofi, storici, letterati e artisti, da Pico della Mirandola a Guicciardini, da Botticelli a Michelangelo. Vagheggiò impossibili ritorni a un cristianesimo primitivo e fu, tuttavia, figlio del suo tempo; istituì i famosi «bruciamenti delle vanità», ma non condannò la sana fruizione dei beni mondani, mirando anzi, nella sua attività politica, a una città pacifica, che sviluppasse i traffici e fosse allietata da opere d’arte e da feste, purché non contrarie alla morale. Questo atteggiamento si rispecchia in vari scritti, tra cui il Compendium logicum (1491), che riassume la sua filosofia di origine scolastica, il Compendio delle rivelazioni (1495), l’Epistola della sana e spirituale lezione (1497), il Trattato circa il reggimento del governo della città di Firenze (1498), il tomistico Trionfo della Croce (d’incerta datazione), che si sforza di chiarire come il cristianesimo non sia in contrasto con la ragione. A tali scritti dottrinari si affiancano, quasi dimostrazione pratica di un’arte religiosamente ispirata, le prove poetiche (14 i componimenti sicuramente suoi) e le laude. Capolavoro di S. sono però le Prediche (raccolte postume), caratterizzate da una eloquenza concitata e drammatica che, nello slancio dei rimproveri e delle esortazioni, fa ricorso a grandiose e terrificanti immagini bibliche, ma conosce anche i toni raccolti della meditazione e del rammarico.