(Morra Irpina, oggi Morra De Sanctis, Avellino, 1817 - Napoli 1883) critico italiano.La vita e le opere Visse a Napoli dall’età di nove anni, studiando prima con uno zio sacerdote e poi con il purista Basilio Puoti. Nel 1839 aprì una scuola privata al Vico Bisi, dove continuò a insegnare anche dopo essere stato nominato professore (1841) nel collegio militare della Nunziatella. Intanto veniva superando i limiti del purismo e si accostava alle grandi letterature europee e alla filosofia idealista. Nel maggio del 1848 partecipò, insieme ai suoi allievi, all’insurrezione napoletana. Nel dicembre 1850 fu imprigionato; dopo due anni e mezzo di carcere (durante i quali compose il dramma Torquato Tasso e il carme in endecasillabi La prigione, studiò il tedesco, lesse la grande Logica di Hegel e tradusse la Storia della poesia di Rosenkranz), fu imbarcato, senza aver mai subito un processo, per essere deportato in America. Riuscì a sbarcare, invece, a Malta; da lì, dopo due mesi, passò a Torino. Il Piemonte era allora ospitale rifugio per i perseguitati politici e De S. poté occuparsi come insegnante presso un istituto femminile, organizzare un corso pubblico di lezioni su Dante e collaborare con articoli letterari ad alcuni giornali di Torino. Fu quello un periodo importante per la sua storia intellettuale, nel corso del quale s’impegnò in una revisione dell’estetica hegeliana, che giunse a maturazione nei successivi anni trascorsi a Zurigo, dove nel 1856 era stato chiamato a insegnare al Politecnico. Tornato a Napoli nel 1860, dopo la liberazione del Mezzogiorno, fu nominato prima governatore di Avellino, poi assessore alla pubblica istruzione nella luogotenenza napoletana. Eletto deputato, fu ministro della pubblica istruzione del regno d’Italia dal marzo 1861 al 1862. L’anno successivo, abbandonata la maggioranza parlamentare di tendenze moderate, fondò a Napoli insieme a Settembrini il quotidiano «L’Italia» e s’impegnò a fondo nell’organizzazione di un’opposizione costituzionale. Nel 1867 fu rieletto deputato e assunse una posizione politica ancora più radicale. Professore all’università di Napoli dal 1871, fu ministro della pubblica istruzione altre due volte (1878 e 1879-81). Ritiratosi a Napoli per una grave malattia agli occhi, ritrovò la forza per un’altra campagna elettorale, che gli fruttò l’ultima elezione a deputato (1882).De S. non espose il suo pensiero critico in opere autonome e organiche di poetica o di estetica, ed enunciò invece i suoi principi critici in scritti di carattere non esclusivamente teorico. Parecchi saggi del periodo torinese e di Zurigo furono raccolti nel volume dei Saggi critici (1866). Anche l’importante Saggio critico sul Petrarca (1869) raccoglie e rielabora scritti precedenti di differente datazione. Negli anni 1870-71 nacque a Napoli la Storia della letteratura italiana, la maggiore delle opere di De S., che sa essere contemporaneamente storia della vita civile, culturale e spirituale del popolo italiano e storia di singole personalità. Per esigenze editoriali la parte dell’opera relativa al sec. XIX risultò molto ridotta; tuttavia un’ideale continuazione della Storia possono essere considerati i saggi su Foscolo e Parini compresi, con altri importanti scritti, nei Nuovi saggi critici (1872). Pubblicate postume da B. Croce sotto il titolo La letteratura italiana nel XIX secolo (1897) sono poi le lezioni tenute da De S. all’università di Napoli negli anni 1872-76, rielaborate sulla base degli appunti di F. Torraca e divise in quattro sezioni: Saggi sul Manzoni (1873), La scuola cattolico-liberale (1872-73), Mazzini e la scuola democratica (1873-74), Saggio su Leopardi (1875-76). Tra gli scritti che non hanno carattere critico ricordiamo, oltre all’epistolario, Un viaggio elettorale (apparso nel 1875 sulla «Gazzetta di Torino» e poi ripubblicato col sottotitolo di «racconto», 1876) e La giovinezza (frammento autobiografico, postumo, 1889).Il pensiero critico Nel pensiero di De S. confluirono i motivi più significativi e vitali della cultura romantica, in un periodo in cui l’entusiasmo per lo storicismo idealistico si era spento e la critica europea e in specie italiana si stava orientando verso la ricerca filologico-erudita. Nella Storia della letteratura italiana, capolavoro della storiografia letteraria del romanticismo. De S. stabilì il nesso contenuto-forma, mirando alla ricostruzione del mondo culturale e morale da cui sarebbero poi sorte le grandi opere e manifestando nei suoi giudizi l’adesione a quei momenti e a quelle figure che sono animati da una forte tensione etica e civile. Per De S. l’essenza dell’arte è il «vivente», la «forma»; ma tra contenuto e forma non vi è dissociazione, esse sono l’uno nell’altra. L’arte, in quanto vita, ha una logica tutta sua, diversa da quella del pensiero scientifico: giacché la scienza tende all’astratto e l’arte al concreto. Il genio poetico crea così individui, cioè «caratteri» vivi e interi nelle minime manifestazioni esistenziali. Tutto ciò grazie all’operare della «fantasia», distinta nettamente dalla immaginazione che è incapace di fondere assieme le cose e può solo giustapporle.Nelle pagine di De S. è presente una felice vena di scrittore; la sua prosa è antiletteraria, commossa e fervida, mirabile per estro e immediatezza di pensiero, essenziale e incisiva anche negli abbandoni oratori. Contrastato dal positivismo della scuola storica, De S. non ebbe immediati continuatori. Soltanto con B. Croce, il quale tuttavia cristallizzò idealisticamente il concetto di «forma» nella cosiddetta «intuizione pura», ebbe inizio quella rivalutazione del pensiero desanctisiano che, attraverso Gramsci, troverà importanti riprese e sviluppi nella critica di ispirazione marxista.