(Torino 1869-1925) poeta e critico italiano. Dopo una formazione culturale ricca ma disordinata, esordì nel 1901 con Il poema dell’adolescenza, autobiografico e di gusto impressionistico. La sua verve polemica trovò poi compiuta espressione nel clamoroso libro Il pastore, il gregge e la zampogna (1910), opera di un moralista che, prendendo di mira gli aspetti deteriori dell’arte di G. Carducci, G. Pascoli e G. D’Annunzio, va alla ricerca di una poesia assolutamente schietta e «pura», trovandone i modelli nei lirici greci, nei romantici inglesi (soprattutto J. Keats e P.B. Shelley) e nei Canti di G. Leopardi. Su questa linea, T. poté anche intravedere la «novità» di G. Ungaretti o mettere in luce, nel campo della pittura, la grandezza degli impressionisti, allora pressoché ignorati dalla critica italiana. Molti suoi atteggiamenti iconoclastici possono però essere ricondotti al ribellismo degli scapigliati, come appare dal volume di saggi L’arco di Ulisse (1921); mentre i Poemi d’amore e di morte (1922), arrendendosi alla suggestione dell’odiato D’Annunzio, testimoniano la debolezza del temperamento poetico dell’autore.