(Firenze 1255 ca - 1324) scrittore italiano. Fervente sostenitore della fazione popolana del partito guelfo, alla quale apparteneva, ricoprì le più alte magistrature pubbliche di Firenze (dal priorato al gonfalonierato di giustizia). In seguito alla cacciata di Giano della Bella (1295), ai cui Ordinamenti di giustizia aveva collaborato, fu processato. Assolto, riprese la partecipazione alla vita pubblica, ricoprendo nell’ottobre del 1301 la carica di priore. Da essa fu allontanato ben presto a opera dei Neri vittoriosi sui Bianchi (con i quali simpatizzava), riuscendo tuttavia a evitare l’esilio grazie alla sua posizione di priore in carica. Alla Cronica delle cose occorrenti ne’ tempi suoi, acuto e attento resoconto delle lotte intestine di Firenze dal 1280 al 1312, lavorò probabilmente negli anni 1310-12, forse sull’onda delle speranze politiche accese dalla discesa di Arrigo VII. La delusione conseguente spiega l’interruzione dell’opera che, staccandosi dalla tradizione annalistica ed erudita della storiografia medievale, ci presenta il quadro più vivo e appassionato della Firenze dantesca. Offeso e sdegnato nella sua coscienza di democratico e di popolano, eppure animato da una visione provvidenzialistica della storia, C. forza od omette dati ed eventi non per partigianeria, ma spinto dal suo impegno civile e dalla sua tensione etico-pedagogica. La memoria dello storico-testimone fissa con amarezza, in una pagina vibrante e risentita, personaggi, scontri e intrighi municipali, e ricava dalla triste lezione la forza per esortare alla concordia.