(Rouen 1899 - Le Havre 1989) drammaturgo francese. Nel 1920 aderì al partito comunista francese appena fondato. Abbandonò la militanza politica nel 1923, avvicinandosi per qualche tempo alle esperienze surrealiste. In questo periodo, anche grazie all’amicizia determinante con l’attore Ch. Dullin, scoprì nel teatro il proprio principale campo d’interesse. La sua prima commedia, Torre caduta (Tour à terre, 1925), riportò un clamoroso insuccesso, così come la seconda, Il ponte dell’Europa (Le pont de l’Europe, 1927): si trattava di opere dalla tematica pesantemente filosofica, sui grandi problemi della libertà umana e dei suoi limiti. Aiuto regista di R. Wiene a Vienna dal 1925 al 1928, S. dedicò lunghi anni alla ricerca e alla sperimentazione dei mezzi espressivi. Ne nacquero opere contraddittorie e sfortunate come Patchouli (1930), racconto caotico di una ricerca dell’amore, e Atlas-Hôtel (1931), convulso intrigo ispirato ai modi del teatro boulevardier. Ottenne finalmente il successo con la commedia Una donna libera (Une femme libre, 1934), sul tema dell’incompatibilità tra amore e matrimonio borghese, e soprattutto con La sconosciuta di Arras (L’inconnue d’Arras, 1936), in cui precisò il motivo fondamentale della propria poetica: la disperata e disillusa ricerca di una felicità impossibile. Pari fortuna arrise al dramma storico La terra è rotonda (Le terre est ronde, 1938), sul tema dell’angoscioso conflitto tra la carne e lo spirito, Dio e il peccato. Richiamato alle armi nel 1940, quasi subito cadde prigioniero; riuscì però a fuggire ed entrò nelle file della resistenza. A questo periodo dedicò la prima commedia del dopoguerra, Le notti dell’ira (Les nuits de la colère, 1946). Considerato, insieme con J.-P. Sartre, l’autore drammatico più impegnato sul piano della coscienza civile, nel 1947 fu chiamato a dirigere l’Odéon, in provvisoria sostituzione di P. Adam. La sua produzione successiva, fra cui spicca la commedia L’Arcipelago Lenoir (L’Archipel Lenoir, 1947), affrontò (con toni sempre più accentuati di amara ironia) i grandi problemi della solitudine e dell’angoscia. Autore, con R. Clair, della sceneggiatura del film La bellezza del diavolo (La beauté du diable, 1950), ripropose i propri motivi filosofici e mistici nelle commedie Boulevard Durand (1960) e Come i cardi... (Comme les chardons..., 1964).