Nasce a New York perché figlia di due diplomatici sovietici di origine ucraina di stanza all'Onu. Studia giornalismo a Mosca e si laurea nel 1980. Nel 1982 inizia il suo lavoro di giornalista presso l'Izvestija, giornale moscovita che lascerà nel 1993. Dal 1994 al 1999 lavora come responsabile della Sezione Emergenze e come assistente del direttore Egor Jakovlev alla Obšcaja Gazeta, oltre a collaborare con radio e televisioni. Per la prima volta affronta la realtà cecena nel 1998 come inviata della Obšcaja Gazeta e intervista Aslan Maskhadov, da poco eletto Presidente della Cecenia. Dal giugno 1999 lavora per la Novaja Gazeta. Nello stesso periodo pubblica alcuni libri fortemente critici su Putin e sulla conduzione della guerra in Cecenia, Daghestan ed Inguscezia. Spesso per il suo impegno viene minacciata di morte, in particolare da Sergei Lapin, ufficiale di una polizia che dipende direttamente da Ministero degli Interni, tanto che nel 2001 è costretta a fuggire a Vienna. Denunciato e dopo alterni giudizi, Lapin verrà condannato definitivamente nel 2005. Numerose le visite in Cecenia della giornalista e il sostegno continuo alle famiglie i cui membri hanno subito abusi o uccisioni. Il suo terzo libro, Cecenia, il disonore russo, del 2003 provoca scalpore e nel 2004, mentre si sta recando a Beslan, durante la crisi degli ostaggi, ha un malore, probabile vittima di un tentativo di avvelenamento. La denuncia della persecuzione nei suoi confronti è esplicita nel 2005 durante la conferenza di Reporter senza frontiere a Vienna.
Anna verrà ritrovata morta, un colpo di pistola alla testa la uccide, il 7 ottobre 2006 nell'ascensore di casa sua a Mosca. Il mandante è tuttore sconosciuto. Il giorno dopo le è sequestrato il computer con tutto il materiale relativo all'inchiesta che stava svolgendo. Solo alcuni appunti non sequestrati verranno pubblicati sulla Novaja Gazeta il 9 ottobre. Più di mille persone partecipano ai funerali della Politkovskaja, ma nessun rappresentante del governo russo.