(Firenze 1493 - Prato 1543) scrittore italiano. Detto F. dalla cittadina d’origine della famiglia, studiò legge a Siena e a Perugia. Fattosi monaco vallombrosano, nel 1518 andò a Roma, dove tentò senza successo la carriera presso la curia pontificia; nel 1526, colpito dalla lue, svestì il saio e si dette all’avvocatura, ma nel 1534 tornò definitivamente in Toscana per risiedere a Prato. Ammirato da puristi e cruscanti per le sue doti di prosatore elegante, capace di armonizzare modi illustri e forme popolaresche, colore arcaico e moderna spigliatezza, F. non fu però un freddo stilista e unì la sua strenua ricerca formale a un senso acuto e vivace della realtà. Questa tensione artistica tocca i momenti più alti nei Ragionamenti (1523-25) e nella Prima veste dei discorsi degli animali (1540 ca).I Ragionamenti (che dovevano articolarsi in sei giornate ma arrivano poco oltre la prima) alternano novelle d’argomento licenzioso e comico a dotte disquisizioni sulla natura dell’amore, riservando alle une un linguaggio realistico e faceto, alle altre uno stile accuratamente elaborato: nella giustapposizione dei due registri resta pertanto frustrato lo sforzo di sintetizzare tradizione naturalistico-boccacciana e raffinamento della materia in chiave neoplatonico-bembesca. Nei Discorsi (che sono un libero rifacimento di una versione spagnola del Pañcatantra) cade la suggestione dei modelli, e la vena edonistica del novellatore si espande felicemente in una girandola di favole e apologhi zoomorfi, raccontati con il lessico e la sintassi dell’uso quotidiano. Fra le altre opere si ricordano: il Discacciamento de le nuove lettere inutilmente aggiunte su la lingua toscana (1524), contro la riforma ortografica proposta da G.G. Trissino; la rielaborazione delle Metamorfosi di Apuleio col titolo L’asino d’oro (1525); l’Epistola in lode delle donne; le commedie La Trinuzia e I Lucidi (1540 ca); rime petrarchesche e bernesche. Quasi tutte le sue opere uscirono postume fra il 1548 e il 1550.