(Copenaghen 1813-55) filosofo e scrittore danese. Cresciuto in un ambiente pietista e in un clima di intensa spiritualità, K. si laureò nel 1841 presso la facoltà teologica di Copenaghen con una tesi su Il concetto dell’ironia. In seguito la sua vita esteriore fu segnata soprattutto dal fidanzamento, rotto dopo un anno, con Regina Olsen e dall’aspra polemica con la chiesa luterana danese degli ultimi anni.Le opere di K. si possono raggruppare intorno a tre temi principali: la descrizione fenomenologica delle possibili figure che assume l’esistenza (La ripresa, 1843; Aut-Aut, 1843; Timore e tremore, 1843; Il concetto dell’angoscia, 1844); l’elaborazione filosofica del problema della verità e della rivelazione cristiana (Briciole di filosofia, 1844; Postilla conclusiva non scientifica alle Briciole, 1846); la meditazione sul messaggio evangelico (Gli atti dell’amore, 1847; La malattia mortale, 1848; L’esercizio del cristianesimo, 1850).Centrali nel pensiero di K. sono le nozioni di possibilità (le principali possibilità esistenziali: estetica, etica, religiosa) e di scelta. In Aut-Aut K. svolge il conflitto fra l’«uomo estetico», la cui personalità è dispersa in un mare di possibilità, senza continuità alcuna, e l’«uomo etico», che consacra la propria vita al lavoro e al matrimonio, opponendo all’esistenza eccentrica dell’esteta l’esigenza di dare un centro alla propria personalità, costituendosi a soggetto morale e razionale. Ma la scelta - sostiene K. - non è fra vita estetica e vita etica: la scelta è una categoria etica. C’è infine una terza forma di esistenza, in cui le certezze morali e razionali dell’uomo etico vengono meno: è l’esistenza religiosa. Escludendo ogni apologetica diretta, K. sottolinea il carattere «assurdo» della verità e dell’esistenza cristiane. Davanti a Dio, l’uomo si rende conto che tutto il suo essere è contrassegnato dal nulla e dal peccato. Di qui nasce l’angoscia, situazione di tormento e di rimorso legata alla consapevolezza dei propri limiti di fronte all’ignoto illimitato, decisiva perché svela il volto autentico dell’esistenza.L’influenza di K., scrittore inquietante e suggestivo, si è rivelata prima nella letteratura che nella filosofia: nella seconda metà dell’Ottocento soprattutto nelle letterature scandinave (H. Ibsen, A. Strindberg), nel Novecento nella letteratura tedesca (F. Kafka, Th. Mann). Ma, al di là delle influenze dirette, molte analogie avvicinano a K. i grandi classici della letteratura romantica. Nel Novecento il pensiero di K. è stato rivalutato anche in chiave filosofica, ed è considerato una delle fonti ispiratrici della filosofia esistenzialistica, sia laica, sia d’impronta cristiana.