Klaus Mann nacque nel 1906 a Monaco di Baviera, primo figlio maschio dello scrittore Thomas Mann. Attivista politico e assiduo frequentatore dell’ambiente intellettuale ai tempi di Weimar, nel 1933 scelse l’esilio in aperta opposizione con il nuovo regime, prima a Zurigo, Praga, Parigi e, dal 1936, negli Stati Uniti. A questi anni risale anche la decisione di dedicarsi a tempo pieno all’attività letteraria, che culminò con opere importanti come Sinfonia patetica (1935), Mephisto (1936) e Il vulcano (1939), incentrato sulla condizione degli esuli tedeschi durante il nazismo. In Novella infantile (Kindernovelle, 1926, nt) e nell’autobiografia Figlio di questo tempo (Kind dieser Zeit, 1932, nt) espresse il rapporto critico della sua generazione con il mondo dei padri. In Sinfonia patetica (Symphonie pathétique, 1935), sulla vita di Cajkovskij, trattò dell’eterno esilio dell’artista. In Mephisto (1936) attaccò l’opportunismo di certi intellettuali tedeschi rimasti in Germania, mentre in Il vulcano (Der Vulkan, 1939) diede un ampio quadro dell’emigrazione tedesca. Testimonianza e documento storico importante è il racconto autobiografico sull’incontro con l’Europa distrutta, La svolta (Der Wendepunkt, postumo, 1952). La sua vita intensa e tormentata, segnata dalla solitaria condizione di apolide, dall’abuso di droghe e da una dichiarata omosessualità, si concluse tragicamente a Cannes, dove morì suicida nel 1949.