(Parigi 1822-61) romanziere francese. Di estrazione sociale assai modesta (suo padre era un portiere), dovette affrontare pesanti difficoltà economiche fin dalla giovinezza. L’individuazione di una sua precisa vocazione artistica (oscillava infatti fra la pittura, la poesia, la narrativa e il teatro) fu attuata all’interno di un sodalizio composito, sempre insidiato dalla miseria, a cui la critica ha dato la denominazione di «bohème di Murger», e che costituì un utile punto di riferimento tra la prima bohème detta «galante» o romantica (G. de Nerval, Th. Gautier, A. Houssaye) e la bohème realista di Champfleury e G. Courbet. Proprio queste esperienze divennero la materia delle Scene della vita di bohème (Scènes de la vie de bohème), pubblicate tra il 1847 e il 1849 sul «Corsaire», raccolte in volume nel 1851 e adattate per il teatro, con la collaborazione di Th. Barrière. L’opera ottenne un grande successo presso il pubblico borghese per le sue cadenze accattivanti e sentimentali, che pure non celavano una sostanza amara e disincantata. La popolarità raggiunta da M., riconfermata anche dalla raccolta di novelle Scene di giovinezza (Scènes de la vie de jeunesse, 1851), se non gli assicurò l’agiatezza economica, gli garantì però la collaborazione alla stampa più prestigiosa. Sulla «Revue des deux mondes» apparve gran parte della sua produzione successiva, dal Paese latino (Le pays latin, 1851) ai Bevitori d’acqua (Les buveurs d’eau, 1855), in cui la pittoresca fauna umana del quartiere latino o di Montmartre non soltanto non è analizzata (e demistificata) secondo le indicazioni teoriche che la coeva «scuola» realista veniva fornendo, ma addirittura diventava argomento di maniera, prodotto destinato al consumo del pubblico borghese. Contrasta positivamente con questa monotona e impoverita ripetizione del materiale narrativo delle Scene l’ultimo romanzo di M., Lo zoccolo rosso (Le sabot rouge, 1860), che offre un singolare esito realistico nella fusione di linguaggi e contenuti rustici.La fama di M. poeta (assai modesta, in verità) è affidata a Ballate e capricci (Ballades et fantaisies, 1854) e alla raccolta postuma Le notti d’inverno (Les nuits d’hiver, 1861), in cui il materiale lirico si esprime attraverso sbiaditi moduli mussettiani. Ma, sostanzialmente, il nome di M. resta legato alle Scene della vita di bohème (da cui L. Illica e G. Giacosa trassero il libretto della famosa Bohème musicata da Puccini, 1896) che, al di là degli squilibri compositivi e della leziosità da romanza, testimoniano l’insorgere del mito di un’epoca.