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Per il liberalismo russo tra Ottocento e Novecento, che la storiografia sovietica aveva preso in esame ponendo generalmente la massima attenzione nel segnalarne la natura di classe, si è aperta una nuova stagione di studi con il crollo dei regimi dell'Est europeo e la fine dell'Unione Sovietica. È diventato infatti oggetto di una rinnovata indagine, non senza lo stimolo proveniente dagli interrogativi del presente. Si sono voluti comprendere i motivi che produssero il fallimento dell'"ipotesi riformatrice". Il libro di Giovanna Cigliano prende in esame una delle più influenti personalità del liberalismo russo del primo Novecento, quella di Maksim Kovalevskij, ricostruendone dettagliatamente e rigorosamente il pensiero e l'attività politica. Questi, nell'osservare la rivoluzione del 1905, ricondusse quegli eventi alle dinamiche della guerra civile inglese e della Rivoluzione francese del 1789, pur sottolineando altresì le differenze rispetto ai modelli europei (il movimento studentesco, l'arma politica dello sciopero generale e le agitazioni contadine). L'obiettivo che Kovalevskij aveva in mente era l'occidentalizzazione della Russia. Su questa base, guardò con sospetto gli eccessi di radicalismo da parte di operai, contadini e studenti. Fondò, nel dicembre del 1905, il quotidiano "Strana" (Il paese), sul quale descrisse le diverse soluzioni istituzionali e legislative dei paesi europei, comparandole con il riassetto normativo e la riorganizzazione costituzionale in Russia. Dopo il colpo di stato del giugno 1907, abbandonò ogni illusione sulla vocazione democratica della nobiltà russa e sul ruolo propulsivo dei contadini. Durante la grande guerra vide favorevolmente la collaborazione anglorussa, individuando nell'impero britannico un auspicabile modello di federalismo in grado di garantire libertà e autonomia alle sue parti.
Giovanni Borgognone
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