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Recensioni La letteratura nazista in America

Recensioni: 4/5
Di tutti i libri di Bolaño, "La letteratura nazista in America" è certo il più intensamente, smodatamente, spudoratamente borgesiano – e anche wilcockiano, se si pensa alla "Sinagoga degli iconoclasti". E insieme rappresenta, se così si può dire, la quintessenza della «bolañità». In apparenza, l’oggetto è sobrio e rassicurante: un panorama degli scrittori filonazisti, di ognuno dei quali si traccia il percorso biografico e si dà conto della produzione; si descrivono perfino alcune opere, nonché i rapporti intercorsi fra di loro, le riviste che li hanno ospitati, le case editrici che li hanno pubblicati, e alla fine del volume figurano un indice dei nomi e una bibliografia. Eppure, quasi subito, ci accorgiamo che qualcosa non funziona: non foss’altro perché almeno un paio risultano morti dopo il 2015. A poco a poco capiamo, in una sorta di vertigine, che nessuno di questi scrittori, poetesse, movimenti letterari, è mai esistito, e che Bolaño sta costruendo sotto i nostri occhi un inquietante universo parallelo: del tutto plausibile e del tutto immaginario. È allora che cominciamo a stare al gioco, e ad abbandonarci al flusso inarrestabile di quello che non è solo uno scoppiettante, geniale divertissement letterario, ma soprattutto un susseguirsi di storie aberranti e al contempo esilaranti, e una galleria di mostri, che sono anche uno più comico dell’altro. Tant’è che difficilmente ci dimenticheremo, giusto per fare un paio di esempi, di Carlos Hevia (Montevideo, 1940-2006), autore, fra l’altro, del "Premio di Giasone", «in cui ipotizza che la vita sulla Terra sia il risultato di un fallito concorso intergalattico», o di Jim O’Bannon (Macon, 1940-Los Angeles, 1996), il quale «conservò sino alla fine il suo disprezzo per gli ebrei e gli omosessuali, benché cominciasse ad accettare i negri quando lo colse la morte». )
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