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Il libro e' incredibilmente presuntuoso e saccente, l'autore propina frasi a effetto senza minimamente giustificarle, il che gia' lo accetteremmo a fatica da un derrida o da un deleuze...come puo' pensare di non essere ridicolo paragonandosi a Calvino in un modo tanto sfacciato? ma siamo matti? e il continuo insistere sull'assenza di vita, di esperienza, e via discorrendo che l'autore da' per scontato che i lettori condividano, non solo non e' dimostrato nel saggio da articolati passaggi teorici o aneddotici, come farebbe che so un Zizek, ma non e' manco condivisibile! mica tutti sono ricercatori all'universita' come l'autore! non si preoccupi che di guerre quotidiane ne facciamo tante (quasi) tutti. Che arroganza incredibile da parte di un intellettuale e che scarso modo di sostenere le proprie tesi! e poi pubblicare come saggio a stampa (a caratteri enormi (per allungare il brodo) quello che potrebbe essere un articolo! sarebbe stato di gran lunga preferibile che l'autore avesse pubblicato il suo "saggio" su internet, sarebbe stata una scelta molto piu' pertinente. Perche' pagare 6,20 euro per questo sforzo dettato dalla presunzione pura? ma!
È un brutto libro. L’autore cita Calvino nella prefazione del 1964 de “Il sentiero dei nidi di ragno”, per dire che il primo libro, che è l’unico che conta, “ sarebbe meglio non averlo scritto mai”. Soprattutto perché capita, com’è in questo caso, che i libri seguenti non siano alla sua altezza, anzi siano decisamente sconvenienti. Il tema del libro è l’inesperienza della guerra reale e nello specifico della Resistenza partigiana. Dovrebbe insegnare a scrivere romanzi pop guardando la tv perchè esprime una certa e consumistica visione del mondo, ma in fondo non ce la fa e l’unica cosa da tenere di questo libro è la sua bibliografia finale.
Recensioni
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