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La letteratura al tempo di Adriano Olivetti - Giuseppe Lupo - copertina
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letteratura al tempo di Adriano Olivetti

Descrizione


Un capitolo importante nella storia della letteratura italiana; un mondo di relazioni, influenze e suggestioni artistiche da conoscere ed esplorare; i protagonisti di una prolifica e controversa stagione letteraria a confronto con le sfide e le domande suscitate dall'esperienza olivettiana: la letteratura al tempo di Adriano Olivetti.
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Dettagli

2016
15 settembre 2016
300 p., Brossura
9788898220588
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Indice


Un brano dell'intervista di Giuseppe Lupo sulla Lettura del Corriere della Sera

Ansia di progettualità e pianificazione, ma anche diffidenza verso il moderno e nostalgia per la natura. Che cosa si intende per contromodernità?

«Se per modernità negli anni Quaranta-Cinquanta si intendeva percorrere il mito della città fordista e dell’urbanesimo selvaggio (con le sue deviazioni morali e psicologiche), Olivetti propose un’idea di progresso che andasse decisamente contromano: la comunità a misura umana, delocalizzata ma efficiente nei servizi. Progresso e natura insomma. Qualcosa di antesignano rispetto ai modelli dei distretti».

Qual è l’autore che ha rappresentato meglio di altri l’ideale olivettiano?
«Tenendo presente che non tutti gli intellettuali cooptati da Olivetti condivisero il suo verbo, il più vicino credo sia stato Paolo Volponi, che non solo scrive uno tra i romanzi più belli ispirati da questa esperienza ("Memoriale", nel 1962), ma dedica a Olivetti "Le mosche del capitale", definendolo “maestro dell’industria mondiale”. Volponi ha una visione apocalittica dello sviluppo industriale, politicamente scettica verso i modi in cui il capitalismo si andava affermando in Italia, eppure ci dà uno dei documenti più lirici (e nostalgici) del progresso».

Voce della critica

La strada della letteratura olivettiana

«Se la narrativa e il cinema ci hanno dato poco sulla vita interna alla fabbrica, c’è anche una ragione pratica, che poi diventa una ragione teorica. Il mondo delle fabbriche è un mondo chiuso. Non si entra – e non si esce – facilmente. Chi può descriverlo? Quelli che ci stanno dentro possono darci dei documenti, ma non la loro elaborazione: a meno che non nascano degli operai o impiegati artisti, il che sembra piuttosto raro. Gli artisti che vivono fuori, come possono penetrare in una industria? I pochi che ci lavorano diventano muti, per ragioni di tempo, di opportunità, ecc. gli altri non ne capiscono niente: possono farvi brevi ricognizioni, inchieste, ma l’arte non nasce dall’inchiesta, bensì dalla assimilazione».

Il libro di Giuseppe Lupo, La letteratura al tempo di Adriano Olivetti, segna finalmente un primo decisivo passo verso la definizione della letteratura olivettiana, non solo a parole e non solo su un singolo autore – come invece è avvenuto in passato in diversi testi sull’argomento –, ma dandogli finalmente la dignità di un libro: il giusto atteso riconoscimento. O meglio, esistono studi specifici sulla rivista «Comunità» e sulla casa editrice Edizioni di Comunità o sulla presenza di intellettuali e scrittori alla Olivetti, ma hanno sempre un’intenzione biografico-cronachistica, e non si occupano dei contenuti e delle forme della letteratura, se non marginalmente.

Un riconoscimento, che mancava alla letteratura olivettiana; mentre per altre discipline troviamo già editi degli studi che affrontano più approfonditamente le sfere d’influenza dell’azienda di Ivrea, o più precisamente della visione di Adriano Olivetti. E, per ricordarli, un valido esempio è il volume Psicologi in fabbrica. La psicologia del lavoro negli stabilimenti Olivetti (1980), o Olivetti: una storia, un sogno ancora da scrivere. La sociologia del lavoro italiana nell’esperienza di Ivrea (2001), o ancora numerosissimi interventi sull’architettura.

Nella Letteratura al tempo di Adriano Olivetti sono trattati i punti cardine del versante letterario-culturale della Olivetti: si parte dalla rivista «Comunità», si affronta il programma di Adriano Olivetti, la sua visione del mondo, le influenze (si pensi a Maritain, Mounier e de Rougemont), i contributi di diversi autori, i rapporti con l’esterno, la prosa, la poesia, l’architettura; sono affrontate le problematiche della materia e sono presentati sia i nodi sia una proposta di scioglimento; particolare attenzione è riservata ad alcune figure, come quella appunto di Ottieri. E molto interessante è soprattutto la seconda metà del volume, in cui si entra nel vivo della questione letteraria.

Dal punto di vista dell’organizzazione quella di Lupo (studioso che ha al suo attivo, oltre a numerose pubblicazioni su Vittorini e appunto sul nesso industria-letteratura come l’antologia Fabbrica di carta, curata con Giorgio Bigatti, Laterza 2013) si costituisce come una raccolta di saggi – per metà già editi in altre sedi a partire dai primi anni Duemila – divisi in quattro sezioni, e forse un prossimo passo che si potrebbe compiere nella direzione segnata dall’autore potrebbe essere quello della redazione di uno studio formalmente più organico, che parta proprio dalle premesse e dalle affermazioni di questo importante e necessario volume.

Recensione di Ludovica del Castillo.

Leggi la recensione completa su Alfabeta2.it

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Conosci l'autore

Giuseppe Lupo

1963, Atella

Giuseppe Lupo (Atella, 27 novembre 1963) è uno scrittore e saggista italiano.Insegna letteratura italiana contemporanea presso l'Università Cattolica del Sacro Cuore, sede di Milano e Brescia. Ha esordito nella narrativa con il romanzo L'americano di Celenne (Marsilio 2000), con cui nel 2001 ha vinto il Premio Giuseppe Berto e il Premio Mondello opera prima, e nel 2002, in Francia, il Prix du premier roman. Successivamente ha pubblicato i romanzi Ballo ad Agropinto (Marsilio, 2004), La carovana Zanardelli (Marsilio 2008; Premio Grinzane Cavour-Fondazione Carical e Premio Carlo Levi), L'ultima sposa di Palmira (Marsilio 2011; Premio Selezione Campiello e Premio Vittorini), Viaggiatori di nuvole (Marsilio 2013; Premio Giuseppe Dessì), L'albero di stanze (Marsilio 2015; Premio...

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