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E' un'esperienza diffusa, frequente, ma è proprio qui la sorpresa: riuscire a descriverne in meno di trenta pagine l'aurea sognante, la luce tenue che fiammeggia di dentro e scortica la curiosità ad andare avanti, nel gioco di un contrasto fra qualcosa che corre (il treno) e qualcosa che inchioda (la lettura di un giallo). Ma ecco il gioco di prestigio, quello della grande somiglianza che di colpo viene a crearsi fra il fuori e il dentro: uno scossone o uno strappo in una curva possono essere pari, in quel preciso avverarsi, in quell'istante esatto, a una pagina che ci scuote, a un colpo di scena inatteso, improvviso, un'epifania sconvolgente lungo la trama. Dunque è risolta l'equazione, che non è più quella di un opposto che si sfida nei suoi elementi (lentezza della lettura contro velocità del mezzo), ma di due uguali che si ritrovano gemelli: io voglio sapere dove mi porta questa storia, quest'intrigo, come in una corsa parallela a quella della locomotiva, due attese d'arrivo che si incastrano dai finestrini dell'animo. Bellissimo! Si può condensare nel breve un'esperienza così intensa, ma ci vuole estro, eleganza, quel tatto interiore che scopre d'incanto i margini di una verità semplice e se ne fa attraversare, perchè alla fine ogni cosa è lettura: persino quel riflessivo silenzio di una pausa nel quale ci abbandoniamo sotto la preziosa magia di quella complicità. Il nesso fra il libro e il viaggio è da sempre sotto gli occhi di chiunque. Checché ne dica questa grezza modernità, è un matrimonio così pacifico, un abbraccio di una tale naturalezza, che nessuna meta contraria può confutare. Un giallo poi è un mistero in movimento, la stessa tratta del nostro io consegnato ad altri, al rischio, all'errore, o alla contentezza d'essere giunti a un finale. Libriccino delizioso, un brillio di delicata eleganza da custodire nei migliori archivi della memoria. E poi essere in treno con Benjamin: privilegio incommensurabile!
Breve. Magistrale.
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