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Anno edizione: 2019
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Dal labirinto incerto della matematica è possibile uscire. A condizione, però, di non essere lasciati soli.
«In mezzo a tutte le competenze della scuola moderna, in mezzo all'arido deserto che spesso allontana le giovani menti proviamo a far ascoltare la melodia muta, inutile, e per questo meravigliosa, della matematica»
Per molti lettori un libro sulla matematica e sul modo in cui viene insegnata, sui suoi contenuti e sulla sua didattica, non può non richiamare alla mente i ricordi di un passato scolastico più o meno lontano; e spesso si tratta di ricordi dolorosi, segnati da un rapporto conflittuale, difficile – talvolta traumatico – con la disciplina. Questo probabilmente perché, ormai da tempo, nelle aule scolastiche la matematica è stata confinata a materia tecnica, importante più per le sue presunte applicazioni pratiche o per i suoi supposti rapporti con il mondo reale che per il suo valore squisitamente intellettuale. O perché ridotta a un insieme di definizioni, di formule, di regole da mandare a memoria e da applicare acriticamente, senza interrogarsi sul loro significato. Eppure, come ci invita a fare Riccardo Giannitrapani in Un labirinto incerto , basterebbe provare a metterle in discussione, queste regole, a smontarle per capire come funzionano, per scoprire che cosa c'è dentro. Allora vedremmo non solo la trama nascosta che ne giustifica l'adozione, ma anche le intuizioni e le visioni, gli inciampi, le incertezze e i fallimenti da cui sono scaturite, e soprattutto la bellezza vertiginosa dei panorami inattesi che esse dischiudono, i sentieri nascosti che ci chiedono di percorrere. Così, muovendo dal terreno confortevole di quel che crediamo che sia o debba essere la matematica – per molti una «scienza esatta», e quindi necessariamente arida e inflessibile, se non addirittura noiosa – potremmo liberarci dai luoghi comuni e cominciare a seguire altri percorsi, meno scontati e rassicuranti, quelli del labirinto, appunto. Potremmo così interrogarci sulla natura ontologica degli enti matematici o sulla relazione tra la matematica e le scienze del mondo fisico, oppure indagare la forma dei numeri o il concetto di infinito, o ancora il rapporto fra i numeri, il tempo e lo spazio. O verificare la sorprendente vicinanza tra matematica e poesia, e scoprire come entrambe siano impegnate a rappresentare un mondo altro, non quotidiano e non necessario, e a tradurlo in parola, in simboli capaci di svelarne tutta la complessità e la bellezza. Dal labirinto incerto della matematica, naturalmente, è possibile uscire. A condizione, però, di non essere lasciati soli. Ed è questo il compito a cui oggi è chiamata la scuola: aiutare chi si confronta con la matematica a trasformare gli errori in curiosità, i fallimenti in opportunità didattica. Per non smarrirsi per sempre, per superare l'angoscia del labirinto, per imparare a sbagliare e a ricominciare.
Indice
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Perché "poetica" della matematica? Questo è l'unico dubbio che mi è rimasto leggendo questo libro dove un insegnante di scuola superiore - che magari avrete incrociato in rete con il nickname di Orporick - fa alcune considerazioni del tutto condivisibili su come si potrebbe insegnare matematica in modo più costruttivo di quanto succeda al giorno d'oggi. Il testo non è volutamente analitico: c'è una sorta di filo conduttore, dato da Borges e dall'idea di labirinto, ma allo stesso tempo si evita il prescrittivismo. Non per nulla il labirinto è incerto: se ci pensate, è la situazione di chi nel labirinto ci si trova dentro, e non ha alcuna idea di quale sarà la via di uscita. Le regole mnemoniche servono a poco, o per meglio dire servono quando uno se le ricorda ma non permettono di capire la strada che ha portato ad esse. Meglio dunque per Giannitrapani cercare di sfilarsi dai luoghi comuni: perché battere sull'approccio assiomatico di Euclide anziché provare quello degli assiomi di Peano, più semplice e che permette di mostrare come mai si sono scelti proprio quegli assiomi per definire i numeri naturali? Come dicevo, la parte che ho trovato più debole è il capitolo sulla poetica della matematica. Io mi sarei trovato più a mio agio nel sentire parlare di "matematica umanistica", dove le motivazioni sono parte esplicita dei teoremi; ma chiaramente ognuno ha le sue sensibilità. Lettura consigliata a coloro ai quali è rimasta la paura della matematica: magari finalmente si rilasseranno.
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