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OCCHIELLO: Le tante anime del centrosinistra
TITOLO: È davvero l'ora della sveglia?
Quando, il 9 giugno 2001, ebbe inizio la seconda esperienza di Silvio Berlusconi come presidente del Consiglio, l'impressione generale fu che non si sarebbe trattato di un governo effimero. Lo suggerivano anche i numeri: ottenne la fiducia in Senato per 175 voti contro 133, alla Camera per 351 contro 261. Il contesto della massiccia vittoria, come spiega Francesco Tuccari nell'introdurre questa raccolta di saggi (che riprende e amplifica gli spunti proposti all'inizio del 2002 in Il governo Berlusconi. Le parole, i fatti, i rischi, cfr. "L'Indice", 2002, n. 4), era, allora come oggi, quello d'una interminabile fase di transizione politica del paese, caratterizzata da tre anomalie: un bipolarismo incerto e malsicuro; la presenza di un magnate dei media alla testa dello schieramento di centrodestra; l'accentuata frammentazione e debolezza dello schieramento opposto.
Di tali tematiche è l'ultima a occupare qui il posto preminente. Fin dalle pagine d'apertura, affrontando la questione della leadership, il politologo Gianfranco Pasquino pone in evidenza un elemento di fragilità: il mantenimento, al timone della coalizione ulivista, dello sconfitto Rutelli. D'altro canto, la candidatura a sindaco di Bologna avrebbe a suo giudizio decretato il tramonto della parabola di Sergio Cofferati "a livello nazionale". Nota del resto Massimo Salvadori, in uno dei contributi finali, che già al tempo della polemica con D'Alema emerse come Cofferati dovesse "sciogliere i nodi irrisolti di una assunzione di leadership di cui non erano chiari le finalità e gli esiti possibili per i Ds e l'Ulivo". Ad ogni modo, due anni or sono fu Piero Fassino, non certo D'Alema, a ricucire, almeno in parte, lo strappo fra la nomenklatura di partito, attaccata da Nanni Moretti in piazza Navona il 2 febbraio 2002, e la sinistra movimentista, portata all'apogeo dallo stesso Cofferati il successivo 23 marzo.
In effetti, ambedue gli schieramenti, di centrodestra come di centrosinistra, sono composti da forze eterogenee e, lungi dal dar luogo a un bipolarismo sano ed efficace, presentano cascami populistici e tecnocratici. Non v'è dubbio però che all'interno della Casa delle libertà questa tendenza sia assai più spiccata. Secondo Mario Dogliani, la successione individualismo-populismo-tecnocrazia ("la forma più raffinata di antipolitica") è nella natura delle cose: come negare infatti il carattere individualistico, populista e innovatore del berlusconismo, che fa tutt'uno con la sua dimensione mediatica? Pur nella "concentrazione" della proprietà dei massmedia, parallela al "deperimento" dei partiti tradizionali, Ugo Volli osserva tuttavia come l'opposizione stia subendo una rivitalizzante metamorfosi: attraverso forme di lotta politica nuove, per esempio i girotondi, spesso orchestrate tramite web, così come attraverso nuovi organi di stampa, o mediante il concentrarsi sull'opinione pubblica, più che sulla linea dei partiti, da parte degli organi di stampa già esistenti. Né possono essere dimenticate le vivaci "controspinte istituzionali" venute a manifestarsi di fronte all'aggressività del governo.
Il tutto mentre il centrosinistra in Parlamento è parso intrappolato, scrive Claudio Rinaldi, in un "riformismo mite", fatto di dialogo a ogni costo e serrate autocritiche, laddove Berlusconi nel 2001 ha vinto a man bassa le elezioni con slogan elementari, scintillanti manifesti e una caterva di improperi ai danni di avversari politici, magistrati e giornalisti. Una " vis pugnandi " che, nell'infuocata arena politica nazionale del dopo-Tangentopoli, gli è valsa l'edificazione di un'immagine vincente. Egli si è inoltre fatto forte delle novità introdotte sul proscenio politico. Un esempio? Quella "concezione proprietaria della giustizia", duramente criticata da Livio Pepino, che Berlusconi promuove reclamando l'indipendenza degli uomini di legge, a dispetto d'un dato ignoto ai più: la magistratura attuale è la meno politicizzata della storia unitaria. La politica adottata verso le cosiddette "toghe rosse" si fonda sulla critica di prese di posizione indotte mediante provocazione e subito servite comme il faut in salsa mediatica.
Nella raccolta, malgrado il culto della personalità che attualmente impregna il centrodestra, Berlusconi, decostruito e ricostruito nelle interpretazioni degli oppositori, non è l'oggetto unico della trattazione. Sono al contrario prese in esame, come tasselli d'un mosaico, tutte le componenti della maggioranza nel loro muoversi entro gli spazi di governo. Né si risparmiano severe critiche all'Ulivo, sia per quello che Bruno Bongiovanni, trattando di politica estera, definisce "dissociativismo", sia, in altri interventi, per l'accantonamento della questione morale, l'acquiescenza verso la riabilitazione di Craxi, l'ostinata disponibilità dinanzi al discorso politico di volta in volta sposato dal centrodestra - con alcuni passi innanzi compiuti nell'accettazione (spesso solo in via di principio) del libero mercato, come afferma Enzo Cipolletta, ma anche con pesanti contropartite in termini di credibilità. Giovanni Valentini porta l'attenzione sull'"impasto di opportunismo, di convenienza e magari di eccessiva sicurezza" che spinse il centrosinistra fra 1996 e 2001 a non varare una legge sul conflitto d'interessi.
Oggi la cifra distintiva dell'opposizione pare essere rimasta la carenza di unità. Da un lato, come riscontra Brunello Mantelli nel saggio su Rifondazione comunista, i più combattivi, trascinati da un vano estremismo parolaio, preferiscono rivolgere le proprie armi contro Rutelli e Fassino che contro le destre, anche a costo di gravi contraddizioni fra analisi politica e sociale; dall'altro, l'anima centrista dell'Ulivo patisce un deficit d'identità. I new global, rapidamente evolutisi negli ultimi anni, così come i girotondi, paiono invece vivere una fase di transizione. Nel prendere atto della divergenza, in seno a questi ultimi, fra quanti ne difendono lo spontaneismo e quanti invocano un direttorio nazionale, Nicola Tranfaglia, nel suo intervento, è propenso a collocarsi fra i secondi.
Dalle statistiche finali di Luca Ricolfi sembrerebbe profilarsi all'orizzonte, anche grazie al risveglio della società civile, un'Italia più critica verso il governo berlusconiano: nonostante il centrosinistra, quasi in ogni rilevamento, rimanga più criticato, è realistico dire che le prossime elezioni potrebbero vedere la Cdl in difficoltà. Se la lettura sia corretta, o se attribuisca agli italiani un grado di maturità politica e civile non rispondente al vero, solo il tempo potrà dirlo. Certo un qualche peso, in vista delle future scelte elettorali, potrebbe essere esercitato dalla memoria collettiva. L'attenta cronologia curata da Giovanni Borgognone permette infine di riconsiderare passo dopo passo l'itinerario del governo Berlusconi dal maggio 2001 al dicembre 2003, e quindi anche, in una visione d'insieme, quanti atti siano stati compiuti per mero dilettantismo, quanti sulla base di progetti ben definiti, quanti in risposta a circostanze contingenti.
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