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Quinto ed ultimo capitolo della saga dedicata a Jason Bourne. Greengrass ritorna dietro la macchina da presa e, un'altra volta, la saga ne beneficia. Pur non raggiungendo i fasti del secondo e del terzo capitolo, la pellicola è intrigante, le scene d'azione sono ancor più dilatate dei precedenti, la regia è ancora più nervosa, e i personaggi introdotti sono ben sviluppati. Da ricordare su tutti la sfida tra Bourne e Asset, interpretato da un cattivissimo e bravissimo Vincent Cassel, ai servigi di un Tommy Lee Jones doppiogiochista anch'esso notevole. Matt Damon, che interpreta un Bourne invecchiato, funziona ancora meglio e dona pathos al personaggio. Finale ottimo e degna conclusione di una saga interessante, fatta di alti e bassi, anche se non eccessivi.
Rimasi delusa alla prima visione perchè avevo impressi in mente i primi due film girati da Greengrass (Supremacy e Ultimatum). Fortunatamente ho deciso di rivederlo e mi sono ricreduta; la mano di Greengrass continua a vedersi, le scene di azione sono girate in maniera impeccabile e la sceneggiatura, benché simile alle precedenti della saga, non è affatto banale e convince.
Il ciclo di Bourne rappresenta il massimo esempio di film d’azione degli ultimi anni, che ha costretto anche la produzione dell’immortale 007 a rivisitare il proprio personaggio per renderlo più umano e sofferto. Dopo un quarto episodio che ha cercato senza successo di proseguire la storia con un altro protagonista, torna Matt Damon nel ruolo che l’ha consacrato. Torna il killer alla ricerca di se stesso, ed insieme e lui tornano gli inseguimenti per le strade di mezza Europa, gli intrighi internazionali e l’action movie di alto livello che si innalza di molto rispetto ai tanti film di serie b senza capo né coda con protagonisti tanto palestrati quanto inespressivi. Se amate i film d’azione e avete visto tutti gli episodi precedenti non vi deluderà.
Recensioni
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Sono tempi d’oro per Jason Bourne, un rarissimo caso di film d’azione estivo che non è stato svenduto. Dopo nove anni, Matt Damon torna nel ruolo dell’assassino senza passato con cui era diventato un’icona nel film del 2002 The Bourne Identity, in quello del 2004 The Bourne Supremacy e nel 2007 con The Bourne Ultimatum. Damon e Paul Greengrass, che ha diretto gli ultimi due epici capitoli – saltando saggiamente quello del 2012, The Bourne Legacy – non avevano intenzione di girare, finchè non avessero trovato una sceneggiatura all’altezza. Il filmmaker e montatore Christopher Rouse ha fatto gli onori, con una sceneggiatura estremamente legata all’attualità.
E nonostante Damon abbia a malapena 25 righe di dialogo (Bourne è una forza in perpetuo movimento), il film racconta il cyber terrorismo e come spesso venga superato il limite tra sicurezza pubblica e privacy personale. Facciamo un riassunto: Bourne ha recuperato buona parte della sua memoria, ma gli mancano le informazioni del programma della CIA in cui è stato assassinato suo padre. Il senso di colpa lo attanaglia per essere stato un assassino governativo da 100 milioni di dollari. Finisce a fare combattimenti clandestini per punirsi ed essere punito. Ma durante una rivolta contro l’austerità in Grecia, Bourne viene contattato dalla sua ex collega Nicky Parsons (Julia Stiles) e viene a sapere che il nuovo direttore della CIA Robert Dewey (Tommy Lee Jones al suo meglio) sta costituendo il suo governo ombra con l’aiuto dell’asso della tecnologia Aaron Kalloor (un bravissimo Riz Ahmed della serie di HBO The Night Of). Il risultato potrebbe essere qualcosa “peggiore di Snowden”. Mentre Bourne gira per il mondo – Atene, Berlino, Londra, Las Vegas –, viene inseguito dal luogotenente di Dewey, Heather Lee (un’incredibile Alicia Vikander) e da un assassino noto solo col nome di Asset (Vincent Cassel). Greengrass e il direttore della fotografia Barry Ackroyd (The Hurt Locker) costruiscono un film di spionaggio che sembra quasi un documentario. I camera a mano agitano i nervi e gli effetti speciali sono principalmente veri, non in CGI. Da Atene a un inseguimento in macchina sulla strip di Vegas, il film sfrutta perfettamente il lavoro degli stunt, rendendo l’emozione palpabile. Questo sarà familiare per chi ha già visto gli altri film della serie di Bourne. Per me, che ero immerso nella giungla di pixel degli altri film dell’estate (di cui Warcraft è stato il punto più basso), questo realismo è stato un vero toccasana. Greengrass non si sottomette al vuoto del digitale per fomentare il pubblico. Riprese lunghe e fluide enfatizzano l’azione e danno carattere. Damon ci tiene incollati alla guerra che va avanti nella testa di Bourne. È una performance implosiva brillante; tiene in pugno il suo ruolo e il film. È una pellicola densa e contorta, ancorata a qualcosa che nessun computer può creare: un’anima. Voto: 4/5
Recensione di Peter Trainers
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