Tematizzato sin dal titolo, Italiano in prosa di Luca Serianni segue, da punti prospettici differenti, svolgimenti e mutamenti della lingua nella prosa italiana. I contributi di cui si compone il volume si organizzano seguendo quattro differenti direttici: lo svolgimento attraverso i secoli (nel saggio Profilo della prosa letteraria del Due al primo Novecento); la "monografia linguistica" (in Pietro Giordani scrittore classicista); il rapporto tra latino e italiano (Aspetti sintattici dei volgarizzamenti tacitiani cinque-secenteschi); la dialettica tra lingua e dialetto (Pasolini tra romanesco e modelli letterari). Il lettore si troverà quindi al cospetto di quattro modi di guardare alla lingua letteraria italiana, accomunati però da uno stesso impianto metodologico che fa di questo volume, come in genere degli studi di Serianni, un paradigma per chi si occupa, da fruitore o da studioso, di storia della lingua italiana. Il criterio che associa i contributi è quello di far parlare i dati quantitativi i cataloghi dei fenomeni linguistici: lessicali, morfologici, sintattici, testuali, variantistici sottraendoli al loro mutismo inerte. Questa operazione viene condotta non attraverso l'interpretazione dei tratti schedati (procedura più consueta nella stilistica letteraria), ma storicizzandoli attraverso una rete di relazioni, rapporti e confronti critici con la realtà linguistica antecedente e coeva in modo da fissare la ragione ultima dell'occorrenza di tali fenomeni nel testo sottoposto a indagine (emblematici in questo senso gli esiti dei raffronti sinottici fra traduzioni cinquecentesche di Tacito, la micrologica analisi dell'ipotassi nella prosa di Pietro Giordani e lo studio dei tratti dialettali e "parlati" della narrativa pasoliniana, che sottraggono, una volta per tutte, la lingua di Pasolini alla vulgata di autore-antropologo che mima il parlato delle borgate: "La novità non consiste davvero (
) in un presunto mimetismo documentario, 'da magnetofono'. I dati reali, al contrario, vengono disarticolati e rivissuti in direzione allusiva ed evocativa: di qui la desultorietà delle indicazioni grafico-fonetiche dialettali; la presenza di parole-atmosfera; lo spazio accordato, espressionisticamente, all'onomatopea"). In questo senso per Serianni lo studio dalla prosa italiana sembrerebbe un mezzo, più che un fine, per far progredire la composizione di una storia della lingua italiana totalizzante, che tassello dopo tassello mira alla compiutezza. C'è dell'altro. Da più di un trentennio le discipline linguistico-letterarie metodologicamente hanno seguito vie eterogenee, producendo: sistemi teorici a tenuta stagna e prodotti "in vitro", di fatto totalmente scissi dal testo letterario; criteri d'analisi di tipo quantitativo, in cui l'adesione al testo è così pressante da impedire una visione prospettica, tanto da destoricizzare e livellare i fenomeni riducendoli alle loro semplici occorrenze; iperinterpretazioni del fatto letterario per cui il testo è campo proiettivo e occasione per liberare le fantasie associative dell'interprete. Queste tendenze che possiamo leggere come derive dell'ideologia di stampo marxista, dello strutturalismo e dell'ermeneutica mostrano un fattore comune: la negazione del testo come realtà, come documento storico e linguistico. Italiano in prosa di Serianni, oltre che presentare una rigorosissima e illuminante disamina stratigrafica della lingua della prosa italiana, istiga a una riflessione sui metodi delle discipline storico-letterarie nella stretta attualità. Raffaella Scarpa
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