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Un saggio ben scritto e ben documentato che si legge con interesse crescente: evento raro in una tradizione di critica cinematografica italiana spesso autoreferenziale e spesso altrettanto circoscritta in paradigmi teorici che appesantiscono la comprensione. Curti al contrario ci accompagna con competenza e chiarezza in un bel viaggio attraverso il tanto deprecato "poliziottesco" e il lettore ringrazia di cotanta attenzione...
Capolavoro assoluto! Non solo una guida completa a tutto il poliziottesco, crime, noir, sociopolitico del cinema italiano, ma anche un prezioso manuale storico, nel quale è davvero riuscito il parallelismo continuo con i mutamenti della realtà sociale. Il cinema risponde puntualmente a ogni minima scossa dello scenario metropolitano con il film di denuncia, la fisionomia politicizzata dei personaggi, le ibridazioni con altri generi, l'esasperazione della violenza. Curti dimostra una cultura cinematografica monstre nel dipingere un altissimo esempio di "buona parola" dell'ancora bistrattato cinema di genere italiano. In questo senso sono consigliatissimi, per arricchire la visione altre due sue opere, "Sex and violence" (2003), dedicato al cinema estremo, con una ricca e serissima parte concentrata sull'exploitation italiana e "fantasmi d'amore" (2011), freschissima bibbia sull'elemento gotico insito nel cinema, nella letteratura e nella televisione italiana. Da avere assolutamente
Quando i saggi sul cinema sono scritti in maniera avvincente come questo, bisogna dire che ciò fa buon pro. Curti, infatti, non ha soltanto un'ottima competenza cinematografica (tanto che è uno dei collaboratori del Dizionario di Paolo Mereghetti), ma sa anche collegare i vari filoni del genere con i fatti della politica e della cronaca italiana del periodo (in buona sostanza i nostri anni Settanta). Così, se i prodromi del poliziottesco si hanno con "Un maledetto imbroglio" di Germi, il tappo della bottiglia salta con "Indagine su un cittadino al di sopra di ogni sospetto" di Petri. Con l'omicidio di Pinelli e il susseguente assassinio del commissario Calabresi prende vita il filone della polizia che, di volta in volta, odia, spara, s'incazza o ha le mani legate. Vi sono poi i filoni legati al massacro del Circeo e alla sua gioventù violenta, quello scerbanenchiano, quello legato alla mafia (figlio di film come "Il giorno della civetta" e soprattutto "Confessione di un commissario di polizia al procuratore della repubblica") e quello che scaturisce dalla sceneggiata napoletana. Curti riesce a proporre al lettore, anche quello digiuno della "materia" un excursus interessante, che non trascura le figure più significative, come, per fare solo un paio d'esempi, quella di Maurizio Merli, poliziotto solitudine e rabbia dal capello biondo e l'occhio azzurro, o quella del delinquente parolacciaro, poi passata alla madama, Tomas Milian.
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