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Bellissimo libro. Romantico, comico, e drammatico. Molto reale, mai pesante. Da leggere assolutamente!!!
Libro bellissimo, interessante, ben scritto, insomma assolutamente da leggere. Gilbert e' il mio preferito, cosi' ironico, scanzonato, e sempre ottimista, mi ricorda tanti giamaicani che ho conosciuto. Tutta la storia comunque e' molto interessante, descrive benissimo la situazione durante la guerra e subito dopo la guerra, con gli occchi dei protagonisti, completamente diversi fra loro. Ottimo!!!
scritto molto bene,ironico,drammatico,un libro sicuramente da leggere
Recensioni
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Vincitore di premi prestigiosi Un'isola di stranieri è l'ultimo caso letterario prodotto dal multiculturalismo londinese. Il suo insolito presente narrativo il 1948 della prima ondata migratoria dai Caraibi occupa solo un terzo del romanzo e si alterna con capitoli dal titolo Prima dove le quattro voci narranti raccontano il proprio percorso fino alla Londra postbellica tratteggiando impressionanti quadri d'atmosfera come la Giamaica coloniale l'Inghilterra mineraria dalla spaventosa povertà e le devastazioni umane della guerra.
Come volontario della Raf durante la guerra il giamaicano Gilbert ha modo di vedere il vero volto della madre(patria) decantata come bellissima raffinata di buone maniere di grande cultura che si rivela una puzzolente irascibile megera pronta a respingere i suoi figli di colore accorsi nel momento del pericolo. Deciso a combattere la teoria nazista della razza padrona Gilbert è invece vittima della segregazione razziale esportata impunemente nell'Inghilterra centrale dalle truppe yankee. Una traccia d'umanità si manifesta in Queenie londinese bianca ex volontaria nei centri di raccolta per sfollati dove ha convissuto con altre intolleranze verso ebrei polacchi e cockney. Tornato in Giamaica Gilbert patisce la ristrettezza di prospettive ma l'unico mezzo per tornare in Inghilterra sono i risparmi di Hortense. In cambio lei si fa sposare per raggiungerlo a Londra perché una donna sposata può andare dove le pare. Là dove Hortense descrive un novello marito scanzonato Gilbert confessa la propria sconfitta: Piansi come un bimbo sperduto (…) Se Hortense aveva i soldi per comprarmi allora rendiamocene conto io non valevo un granché. Coniugi senza conoscersi in una stanzetta della casa di Queenie a Earls Court: stavolta è Hortense istruita con buone maniere da sala da tè a sbattere il muso contro una englishness stracciona che ne deride l'accento pulito e i guanti bianchi.
I dialoghi serrati e umoristici fedeli alla tradizione Black British da Sam Selvon a Zadie Smith ricostruiscono gli ultimi fuochi dell'impero prefigurando le grandi questioni irrisolte del multiculturalismo odierno come le aspettative dei migranti che si scontrano con l'identità di sangue della nostalgica old England quest'ultima descritta dall'interno con estremo coraggio e originalità. Quarta voce narrante è infatti Bernard marito di Queenie. Anche per lui il punto di svolta è rappresentato dalla guerra: partito per l'India con la convinzione che sarà il nostro spirito superiore a darci la vittoria Bernard assiste ai massacri tra indù e musulmani e a un attentato indipendentista che uccide il suo miglior amico. Tornato quindi a casa con pregiudizi sempre più radicati deve affrontare gli inquilini immigrati della sua casa in un commovente finale a sorpresa dove Queenie partorisce un bimbo di colore e spiega a Bernard di non volerlo tenere neanche fingendo un'adozione: Un giorno combinerà qualche guaio e tu lo guarderai pensando ‘Piccolo negro bastardo' perché sarai arrabbiato. E lui te lo leggerà negli occhi.
Pietro Deandrea
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