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"L'isola dei fiori di cappero" è un romanzo breve ma intenso, che suscita tenerezza per una storia d'amore che nasce e cresce tra due ragazzi fra mille difficoltà; ma che genera rabbia per la realtà di un paese schiacciato dalla camorra, nel quale regna l'omertà e la legge della lupara bianca. L'autore, Vito Faenza, racconta in modo semplice e diretto il significato che ha per una donna diventare "donna di camorra" contro la propria volontà; ma anche il senso di vivere in un territorio controllato dalla criminalità. Essere donna di camorra significa subire l'umiliazione di una visita medica per dimostrare di essere illibata o non poter decidere del proprio matrimonio: "O sono femmine da letto o sono madri, mogli, sorelle o figlie. Le prime p... Le seconde serve silenziose"..significa che la camorra può rubarti tutto, anche i sogni. Ma ci sono donne di camorra per cui "infami" sono i pentiti, i carabinieri e i giudici. Questa è la loro realtà, fatta di sottomissione e di profondo disagio, in cui anche un atto importante come fare l'amore diventa un'umiliazione, un dolore da lavare sotto la doccia. L'autore intende poi far capire modi e meccanismi con cui opera la camorra, che ne decretano o meno il potere; ma grazie alla sua conoscenza del fenomeno, descrive bene anche paure e difficoltà di opporsi di fronte a imposizioni o minacce dei clan, tanto che talvolta è più coraggioso andarsene. In modo altrettanto chiaro affronta le collusioni tra camorra e poteri forti come politica, Chiesa o magistratura. Faenza vuol far riflettere i ragazzi che vivono in questi contesti e quelli che lo ritengono un fenomeno lontano..ma anche gli adulti, che dovrebbero avere gli occhi aperti su tali questioni. Ognuno di noi dovrebbe essere come la pianta del cappero che "cresce abbarbicata sui muri, [..] resta attaccata alle rupi resistendo al caldo torrido.." e, come questa pianta, dobbiamo resistere di fronte a queste sfide per avere un Paese migliore per noi stessi e per chi verrà
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