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Da circa due secoli i musulmani si confrontano sulla questione del rapporto tra l'islam e la modernità; sul tema gli studiosi hanno fornito un'ampia gamma di soluzioni, le quali dipendono essenzialmente dal modo in cui ciascuno di essi concepisce la religione. Uno dei problemi sollevati dalla discussione sulla modernità è quello relativo alla laicità, che può essere formulato con la domanda - corrispondente al titolo originale del volume - "l'islam è ostile alla laicità?". Pubblicato per la prima volta in Marocco dalla prestigiosa casa editrice di Casablanca Le Fennec, L'islam est-il hostile à la laïcité? ha il merito di dare rilevanza a un tema che nel pensiero islamico è poco trattato, almeno in maniera esplicita. La scarsa fortuna del concetto di laicità - lascia intendere Filali-Ansary - dipende in parte da una certa diffidenza degli studiosi musulmani, causata dal fraintendimento del suo significato. È indicativo che nel XIX secolo l'aggettivo "laico", "secolare" venisse tradotto in arabo lâdînî, composto dalla negazione lâ e da dîn, che significa "religione". La laicità veniva dunque vista come un sistema che si contrapponeva alla religione per negarla; oggi invece il termine arabo impiegato può essere accostato a quello di "secolarismo": 'almâniyya o 'ilmâniyya, in riferimento al "mondo sensibile" ('âlam). Tuttavia anche oggi alcuni autori pronunciano un giudizio negativo sulla laicità proprio perché, secondo Filali-Ansary, la intendono in senso restrittivo.
L'idea di Filali-Ansary è che, a partire dagli anni venti del Novecento, si stia sviluppando una "nuova coscienza islamica" fondata sullo studio della dottrina e della storia religiosa attraverso gli strumenti delle moderne discipline scientifiche. Indipendentemente dai contenuti specifici, le singole teorie che si avvalgono di questo metodo portano all'affermazione del "carattere individuale e libero della fede (...) fondata sulla coscienza della trascendenza di Dio e della responsabilità dell'uomo". Tale coscienza si esprimerebbe nella figura del musulmano "culturale", che viene contrapposto al musulmano "integralista"; mentre il secondo aspira alla realizzazione di un sistema giusto e virtuoso fondato su una "ideologizzazione della religione", il primo "mantiene un attaccamento ai valori spirituali (...) senza aderire ai dogmi né orientare la propria vita individuale in funzione degli ideali e delle prescrizioni dell'islam". Entrambe le figure vengono contrapposte all'islam "tradizionale", rappresentato dalla élite di esperti in scienze religiose ('ulamâ' e fuqahâ'), la quale, strettamente legata al potere politico, rappresenta il volto conservatore dell'islam e si oppone in generale alle istanze riformatrici provenienti dalla società.
L'interrogativo che si pone il libro è se l'islam possa "essere vissuto e praticato come una religione del foro interno, che fornisce ideali agli individui e ai gruppi senza costringerli ad applicare regole precise". La risposta è affermativa se si distingue il contenuto del messaggio religioso dall'evoluzione storica dell'islam, diventato, attraverso un'attività esegetica durata secoli, un sistema complesso che ha investito la politica e il diritto positivo. Per Filali-Ansary vi è un'opera del pensiero islamico che ha determinato la svolta teorica in favore della separazione della religione dalla politica: L'islam e i fondamenti del potere, scritta dal teologo egiziano 'Alî 'Abd al-Râziq nel 1925, un anno dopo l'abolizione del califfato da parte di Ataturk. 'Abd al-Râziq sostiene che i testi sacri non forniscono indicazioni circa alcun sistema politico, né esprimono l'auspicio per l'instaurazione di un sistema politico "islamico"; l'ordine politico viene dato solo dopo la morte del profeta Muhammad, quindi al di fuori della Rivelazione. Attraverso una rilettura storica dei primi tempi dell'islam, lo studioso egiziano dimostra così che l'istituzione islamica per eccellenza, il califfato, non ha alcun fondamento teologico e che la missione del Profeta non fu politica ma soltanto religiosa: Muhammad insomma non era un re, ma soltanto un profeta. La conclusione di 'Abd al-Râziq è che "nessun principio religioso vieta ai musulmani di edificare uno Stato moderno fondato sulla ragione".
Possiamo considerare l'opera di 'Abd al-Râziq come il filo rosso che percorre l'attività intellettuale di Filali-Ansary: dalla sua traduzione in francese de L'islam et les fondements du pouvoir (La Découverte - Cedej, Paris-Le Caire 1994) al presente volume, fino al recente Réformer l'islam? Une introduction aux débats contemporains (La Découverte, 2003), opera quest'ultima che, colmando un vuoto, tratta in maniera analitica il tema della riforma dell'islam in senso laico fornendo un quadro completo e dettagliato della riflessione contemporanea sull'argomento.
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