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Anno edizione: 2016
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Anno edizione: 2022
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Recensioni pubblicate senza verifica sull'acquisto del prodotto.
consigliato agli amanti della fantascenza e/o di carrere
di forte impatto soprattutto per chi ha familiarità con l'argomento.
Un libro che parla di dipendenza, descrivendo le diverse problematiche e situazioni che l'uso di droghe e psicofarmaci possono causare. A tratti angoscioso, opprimente e inverosimile agli occhi di chi non riesce a capire come si possa arrivare a certi livelli di degrado. Mi ha affascinato scoprire questo mondo, nonostante non lo approvi. Come Dick sia riuscito a riportare i suoi personaggi immaginari, frutto di paranoie e nevrosi, nei libri, dando vita a storie che lo hanno reso uno dei maestri della fantascienza e distopia. A detta dell'editore Patrice Duvic, Ubik , era tra i cinque libri più importanti mai scritti. Non riuscirei mai a vivere o avere come amico una persona simile, farebbe diventare pazza pure me. Un libro che consiglio ☆☆☆☆/5
Recensioni
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Adelphi ripubblica la straordinaria biografia di Philip K. Dick scritta da Emmanuel Carrère nel 1993. Più che un libro, un moltiplicatore di libri.
Philip K. Dick aveva ragione. Non credo che siamo in molti a pensarlo, quasi tutti infatti ritengono che fosse un uomo di genio (o il più grande autore di un genere letterario considerato di serie B come la fantascienza) irrimediabilmente pazzo e paranoico, e chiudono lì la questione, rubricando la sua trionfale rivelazione metafisica a una provincia patetica della psichiatria. Poveretti. Alla fine sono riusciti a digerire le estasi di Plotino e i furori bruniani, le speculazioni di Meister Eckhart e le uscite dal mondo di Simone Weil solo perché il tempo, l’accademia, il conformismo culturale – date voi il nome a questa forza mortale – ha normalizzato e ucciso la potenza di quelle visioni. Un ragazzo di Gorizia, agli inizi del Novecento, a causa del potere necrofilo di questa banalizzazione, da lui individuata e analizzata nella sua tesi in filosofia, si sparò un colpo di rivoltella la notte prima di laurearsi e buonanotte ai suonatori; questo ragazzo si chiamava Carlo Michelstaedter e sono sicuro che Carlo Michelstaedter sarebbe stato un lettore pieno di amore per Philip K. Dick. Emmanuel Carrère non si spinge fino a questo punto. E’ un autore, per fare un esempio, che come prima cosa, cioè quando sta per inoltrarsi per centinaia di pagine de “Il Regno” nel racconto della nascita del Cristianesimo e della teologia politica di San Paolo, la prima cosa che sente il bisogno di fare è di lamentarsi per quando si licenziò da una fortunata produzione televisiva per colpa di giovani sceneggiatori presuntuosi e ignorantelli.
Emmanuel Carrère non è un viaggiatore infero, ma è il più grande estensore contemporaneo di un genere antico: le vite dei Santi.
Lo ha fatto abbastanza recentemente con Limonov, lo ha fatto come suo primissimo lavoro con Werner Herzog (speriamo che Adelphi lo stampi e lo traduca; ormai è introvabile), lo ha fatto più di vent’anni fa con Philip K. Dick in questa biografia “Io sono vivo, voi siete morti” ritradotta ora da Federica e Lorenza Di Lella (Adelphi) dopo la vecchia edizione Hobby & Work (Hobby & Work!!!) del 2006.
Tra i compiti di ogni vita dei Santi il più importante è di conquistare l’entusiasmo di nuovi adepti. Il libro deve dunque agire come sortilegio e mutare la sorte dei lettori. Carrère ci riesce quasi sempre. Dopo aver letto la sua biografia su Limonov, mi sono precipitato su un personaggio secondario di quel racconto (Jean-Edern Hallier, il direttore di una funambolica rivista, L’Idiot International, dove iniziò a scrivere oltre a Limonov anche Houellebecq, Matzneff, Arrabal, e molti altri irregolari); la stessa cosa succede con questo libro su Dick: mi sto documentando abbastanza febbrilmente sul vescovo episcopale della diocesi della California, James A. Pike: star televisiva amico tanto di Dick (lo introdusse alla Gnosi) quanto dei Kennedy, di Martin Luther King e del rock in Chiesa; Pike rimase sconvolto quando scoprì l’utilizzo di sostanze psichedeliche tra i primi cristiani, poi suo figlio si sparò con un colpo di fucile da caccia e da quel momento in poi iniziò a parlargli tramite sedute spiritiche a cui Dick partecipava.
Nei libri di Carrère, ogni pagina è così una biblioteca in potenza, ogni libro è un moltiplicatore di libri, una macchina bibliografica. E questo è l’aspetto che forse unisce maggiormente la sua figura, altrimenti enormemente diversa, a quella di Philip K. Dick. Il punto di contatto occulto tra i due. Solo che quello che Carrère fa coi libri, Dick lo fa con la realtà. Lo fa col tuo cervello. Bellissimo e pericolosissimo.
Recensione di Edoardo Camurri
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